Il volo dal terzo piano di Palazzo Pesaro

“Geniale” e “bizzarro” erano gli aggettivi più usati per indicare il grande e originale talento e lo stile di vita anticonformista, bohémien, randagio di Ugo Valeri. Pur avendo vissuto ed essendosi...

“Geniale” e “bizzarro” erano gli aggettivi più usati per indicare il grande e originale talento e lo stile di vita anticonformista, bohémien, randagio di Ugo Valeri. Pur avendo vissuto ed essendosi affermato a Bologna e Milano, pur avendo aperto con la sua mostra del 1909 la stagione del rinnovamento veneziano di Ca’Pesaro, Ugo Valeri tornava sempre a Padova dai genitori e dal fratello più piccolo Diego. A Padova lo conoscevano tutti: molti lo ammiravano, molti lo compativano. Quando arrivò la notizia che era volato dal terzo piano di Palazzo Pesaro i giornali ne scrissero con grande evidenza. Uscì per primo Il Gazzettino che aveva notizie fresche da Venezia. Titolò: “La tragica morte del pittore Ugo Valeri”, dove avanzava l'ipotesi che Ugo poteva anche essere caduto accidentalmente spingendosi in fuori dal balcone, largo quasi un metro, per vedere bene lo splendido panorama dei tetti di Venezia in quel luminoso mattino (erano le otto e mezzo) del 27 febbraio 1911. Di questo stavano parlando lui e il pittore Cacciatori mentre salivano le scale verso gli studi. Più teatrale fu Il Veneto che raccontò come il pittore fosse salito sul balcone per declamare i versi sulla giovinezza dell'Aleardi. Secca La Provincia “Il pittore Valeri si è ucciso”. A tutti venne in mente l’idea del suicidio che ci stava con il personaggio, con gli eccessi di una vita sregolata e con la letteratura sull’artista maudit che già incominciava a diffondersi, ma non c’era la certezza.

Detto questo tutti si profusero nel rendere omaggio alle straordinarie doti di disegnatore e di pittore. Il Veneto e La Provincia si fregiarono di averlo avuto come illustratore. I pittori padovani che gli furono amici (Brocchi, Vianello, Brentan, Grinzato, Modin) fecero pubblicare su tutti i quotidiani un appello affinché venisse allestita una mostra postuma per onorarne la memoria. Ma su tutto il parlottio che riecheggiava tra Padova e Venezia suonò alta la voce di Gino Damerini che aveva lodato Valeri in occasione della mostra di Ca’ Pesaro, al punto che il pittore quando lesse l'articolo su La Gazzetta di Venezia corse a mostrarlo con orgoglio all’amico Marinetti. Il giorno della morte Damerini scrisse: “Ugo Valeri ha per sé un grande distributore di giustizia, il tempo. Soltanto auguriamoci che, a render immancabile questo atto di giustizia, l’opera di lui non vada ora dispersa. Padova dovrebbe raccoglierla ed ospitarla ed amarla e prediligerla, Padova che Valeri amò e predilesse!” In occasione della mostra aveva scrittto: “È incredibile la facilità con cui questo singolare artista salta a scavezzacollo da un’impressione ad un’altra, da un genere ad un altro, efficace sempre, pieno di significato, di brio, pieno, inevitabilmente, di ingegno personale, pronto, paradossale”.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova