In bici le camicie rosse di Garibaldi nuovo omaggio al Risorgimento

Centocinquanta camicie rosse dalla statua di Garibaldi ai giardini degli Scrovegni hanno sfilato in bicicletta alla scoperta della città, hanno sfogliato una sorta di enciclopedia della storia...
CARRAI - FESTA 2 GIUGNO
CARRAI - FESTA 2 GIUGNO

Centocinquanta camicie rosse dalla statua di Garibaldi ai giardini degli Scrovegni hanno sfilato in bicicletta alla scoperta della città, hanno sfogliato una sorta di enciclopedia della storia politica e sociale di Padova. E’ stato un tuffo nel passato, come entrare in un sogno in cui i valori fondanti della democrazia erano vivi e perseguiti, fortissima la tensione verso la libertà anche a costo della vita, straordinario l’amore di patria, diffusa la convinzione che fraternità e uguaglianza dovessero essere i segni identitari del nuovo ordinamento.E’stata un’impresa da recuperanti che ha messo in luce i valori del Risorgimento, che ha toccato le radici della nostra Costituzione. E via a pedalare.

In piazza Mazzini la prima sosta e i 150, la metà dei 300 giovani e forti di Carlo Pisacane (ma su base anagrafica saremmo stati 600) sono accolti con un abbraccio da un gruppetto di pensionati in camicia rossa usciti dal Piaggi. Davanti alla statua di Mazzini, protetta da un leone e da un’aquila repubblicani, il professor Gilberto Muraro ha letto qualche articolo della Costituzione della Repubblica Romana del 1849: effimera, restò in piedi dal 9 febbraio al 4 luglio, per poi essere abbattuta dai cannoni e dalla fucileria del generale Oudinot. Ma quante analogie con i principi della nostra Costituzione del 1948!

Si sancisce la più equa distribuzione possibile degli interessi locali in armonia con l’interesse politico dello Stato. Si dichiara: «Il Papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato Pontificio». Poco meno di cento anni dopo il Papa riusciva a riconquistare il suo titolo colorato e a impugnare lo scettro assieme al pastorale. Ormai siamo lontani da quello spirito anche se ci sforziamo di mantenerne vivo il fuoco, siamo lontani in questa Italia terremotata dal sisma e dalla corruzione.

Gabriele Righetto costruisce la sinopia storica di ogni tappa, regalando cultura a questo manipolo in camicia rossa guidato da Paolo Wiekzorek che fa lo slalom dentro la sfilata del 2 giugno applaudendo Zanonato e gli alpini.

Davanti al Bo Irene Barichello dell’Anpi recita il discorso di Concetto Marchesi vibrante di passione civile e viene intonata “Camicia rossa”, canzone garibaldina sconosciuta ai più. Ma poi sotto i portici di Prato della Valle, tra Dante e Giotto, donne e uomini, voci di cristallo e voci di bronzo intonano insieme con forza “Addio mia bella, addio e l’armata se ne va”, splendida, ma con un retrogusto maschilista: lui, uomo e soldato, parte, lei resta a casa con un figlio dell’amore in grembo.

Il professor Beppe Mosconi soddisfa le quote rosa suonando in punta di labbra, con l’armonica: “Sebben che siamo donne, paura non abbiamo”. Righetto spiega il disegno galileiano dell’Isola Memmia, ellittica come la rivoluzione dei pianeti attorno al Sole.

Aldo Comello

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