In memoria del benzinaio suicida
Scrivo quest’articolo in onore di un amico morto suicida per la crisi: nessuno l’aveva previsto, e io meno di tutti. Se s’è ucciso un uomo come questo, che a tutti dava un’impressione di sicurezza e allegria, allora vuol dire che non siamo sicuri di nessuno: patiscono la crisi, fino al limite estremo, anche quelli che noi crediamo solidi e forti.
La crisi è una guerra. Purtroppo la stiamo perdendo. «Siamo usciti» dice il presidente del consiglio. Balla colossale. Stiamo perdendo, e una guerra perduta pretende le sue vittime.
Non ha importanza la città dov’è avvenuto questo suicidio, è la mia ma potrebbe essere la vostra, e certo ha più importanza la professione dell’uomo: era un benzinaio, categoria che noi (noi che usiamo l’auto) consideravamo benestante.
Errore. La categoria dei benzinai corre rischi che da fuori non si possono neanche immaginare. Noi semplici autisti con un’auto sola pensiamo che uno fa il pieno e immediatamente lo paga. Non è così. I grandi utenti, che hanno molte macchine, le mandano a far benzina e poi pagano con ritardo, anche di mesi. Il benzinaio che rifornisce questi utenti (preziosi, perché sono grandi consumatori) si trova chiuso in una morsa: da una parte il consumatore che non paga, o non subito, dall’altra il fornitore che non rimanda il tuo pagamento, e quindi ti obbliga a cercar denaro nelle banche. E le banche a loro volta non rimandano il saldo del tuo debito, perché non possono.
I benzinai son diventati una categoria economicamente esposta. Nella città dove questo benzinaio lavorava è appena scomparso un grande regista, Carlo Mazzacurati, che non dimenticherò mai per alcuni film assolutamente geniali, e per un granello di saggezza regalato all’umanità, una massima che dice così: «Ogni persona che incontri sta combattendo dentro di sé una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre».
Il mio benzinaio combatteva una battaglia contro la crisi, che nel suo caso aveva il maledetto risvolto dei debiti che non si possono pagare per via dei crediti che non si possono riscuotere.
Ma questa battaglia combattuta dentro di sé, si capiva nel comportamento di questo benzinaio? Assolutamente no. Facevo benzina da lui una volta alla settimana, e lui era sempre spiritoso, mordace, espansivo, ridente. Se pativa la crisi fino a morirne, non lo dava a vedere per niente.
E dunque: fra tutti quelli che incontriamo ogni giorno, e che non danno a vedere per niente di patire la crisi, ce ne sono che la patiscono atrocemente. Lui voleva che i giornali combattesero con lui. Mi diceva: «Professore, scriva questo, scriva quello». Teneva dei giornali su un tavolo, e quando c’era un mio articolo mi aggrediva (ridendo): «Perché non attacca questo e quello?»
La gente comune ha delle vendette da compiere.La gente comune vorrebbe leggere sui giornali le proprie vendette. C’eran dei giorni, a fine settimana, in cui arrivavo da lui e vedevo le pistole delle pompe bloccate da un nastro adesivo colorato.
«Perché?», «Siamo senza benzina». Pensavo a un super-consumo da parte dei clienti. Ma era forse una riduzione da parte del fornitore, in questo caso l’Agip? Quanti benzinai patiscono questa situazione? I benzinai sono esposti a truffe e rapine. Anche il mio aveva patito delle truffe, pagamenti con assegni falsi. Una volta un grosso assegno, di 15mila euro. Un assegno scoperto.
Il mio benzinaio era intelligente, anche colto, ma i truffatori ti danno false garanzie, e se anche li denunci, i soldi non li recuperi più. Si può fare il benzinaio (o qualunque altra professione) per tante ragioni, anche maledicendo la professione, ma questo era un benzinaio su misura, amava le auto, ne faceva collezione. Ma amare il mestiere che fai e farlo bene, non è più garanzia di successo. La crisi non colpisce soltano gli incapaci. Colpisce alla cieca. Perciò stiamo attenti: se è capitato a questo benzinaio, del quale nessuno sospettava, può capitare ad altri, dei quali nessuno sospetta.
(fercamon@alice.it)
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova