«Indigna di più lo sperone che il doping»

Giostra della Rocca 2010, per uno stivale tenuto chiuso da un giro di nastro adesivo, titoli a tutta pagina: «Vergogna!», «Giostra tradita»; fuoco e fiamme in pista; lettere di figuranti indignati dove c'era scritto «Avere tradito la fiducia, l'orgoglio, il lavoro di centinaia di persone è ancora più grave» e ancora «Non è giusto essere ricordati per la scorrettezza di qualcuno che nemmeno sa cosa significa essere monselicense».  Arrivano i risultati delle analisi antidoping, due cavalli risultano positivi: «E' stata una superficialità», «sono semplici antinfiammatori e analgesici»; prevale un profilo basso; nessuno si indigna. Quali espressioni e quali toni dovrebbero usare in questa occasione quei contradaioli? Quanti dovranno adoperarsi a trovare una soluzione concreta e credibile, se vogliono evitare il ridicolo e riabilitare l'immagine della Giostra, annullino la squalifica al fantino Capiani; squalifica che non è supportata da alcuna prova documentale, ma basata esclusivamente su congetture emotive di gruppi di contradaioli agitati.  Se proprio non si ha questo coraggio, si annulli in toto la gara della quintana, ma non si assegni la vittoria a cavalli che non sono stati sottoposti agli esami antidoping.  Da più parti viene sostenuto che i fantini «stranieri» (i romagnoli, ndr) avrebbero snaturato lo spirito della contesa in quanto professionisti prezzolati. Un gruppo di cavalieri «locali» si propone per rinvigorirne il significato al «modico» prezzo di 5-6 mila euro: scusate, ma dove sta la differenza? Nella regia del «grande vecchio» che traspare dietro questo gruppo e iniziative similari?

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