«Intervenuti dopo un malore»

Marco Canova, gestore dell’impianto monselicense, parla del bimbo che ha rischiato di annegare
Di Nicola Cesaro

MONSELICE. «Se salviamo un bambino mentre è nella nostra piscina con i suoi genitori, allora siamo degli eroi. Se invece lo salviamo mentre è a un nostro centro estivo, allora siamo dei disgraziati. Mi dispiace, non accetto questo paradosso». Marco Canova conosce bene i rischi e i doveri del suo mestiere e sa bene che una piscina non è propriamente come il salotto di casa: lunedì mattina un bambino di cinque anni, impegnato nel centro estivo della Amatori Nuoto - società presieduta dallo stesso Canova - in piscina a Monselice, è stato colto da un malore mentre si trovava in una piscina da un metro e venti (più della sua altezza), accusando un principio di annegamento. Ripescato da un bagnino, il bimbo è stato quindi sottoposto a respirazione bocca a bocca per una quarantina di secondi. Ripresa conoscenza e soccorso dal medico societario, è stato trasportato in ospedale a Monselice dall'ambulanza del 118.

«Lo ha confermato anche il nostro medico: il bambino è stato colto da un improvviso malore ed ha cominciato ad ingerire acqua, anche a causa della paura, andando a fondo. Il soccorso è arrivato dopo non più di dieci secondi» vuole sottolineare Canova «Episodi come questi non sono rari e la differenza la fa ovviamente la preparazione: ogni giorno qui a Monselice sono presenti almeno tre bagnini e assistenti, tutti capaci di utilizzare il defibrillatore che è presente nella struttura. Abbiamo inoltre un'equipe di animatori, tutti maggiorenni, che per la gran parte è composta da professionisti del settore, e cerchiamo di avere almeno un operatore ogni dieci ragazzini. Nulla deve essere scontato e improvvisato».

Continua il gestore: «È nelle statistiche che possa capitare un incidente. Può capitare qui o in un campo da calcio o di rugby, e di casi come questi ne vediamo anche alla presenza dei genitori. Solo che se interveniamo in quel caso, allora siamo eroi. L'importante è essere pronti ad intervenire: il fatto che il bimbo non abbia subito conseguenze fisiche, paura a parte, significa che siamo intervenuti nel migliore dei modi». Chiude Canova: «Io capisco l'ansia e le rimostranze dei genitori, secondo cui il ragazzino non doveva essere in quella vasca più profonda: umanamente ero anche pronto a prendermi due pugni dal padre. Sono pure io papà. Posso comprendere anche la scelta di aver chiesto l'intervento dei carabinieri e di denunciare il centro estivo. Non tollero, tuttavia, che si parli di scarsa organizzazione ed inefficienza». Dalla famiglia del bambino, intanto, è confermata la volontà di depositare denuncia per quando accaduto lunedì mattina.

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