Investimenti nei paesi in guerra la scommessa vinta della Mulmix
Investimenti produttivi, in risorse umane e sulla rete commerciale nei paesi caldi del mondo. È questa la ricetta della Mulmix di Campo San Martino a Padova, azienda del settore degli impianti per le agroindustrie che punta a quadruplicare il suo fatturato del 2006 entro i prossimi due anni. La società, 45 dipendenti diretti ed un fatturato 2016 previsto intorno ai 18 milioni di euro (era di circa 6 milioni di euro nel 2006 e si prevede possa raggiungere i 24 milioni entro il 2018), lavora ai 4 angoli nel mondo privilegiando i paesi a rischio, per progettare e istallare silos per lo stoccaggio dei cereali.
«Quando in molti tiravano i remi in barca abbiamo scelto di puntare sui giovani, accogliendo forze fresche tra i nostri ingegneri e i nostri tecnici» spiega Nicola Finco, fratello di Massimo, presidente di Confindustria Padova, che guida l'azienda ad quasi vent’anni. «Abbiamo investito in una rete commerciale internazionale capace di presidiare direttamente i mercati per noi più interessanti e abbiamo scelto la via degli investimenti: proprio ora siamo reduci da un investimento complessivo da quali 5 milioni di euro per un nuovo stabilimento corredato dei macchinari più innovativi per l'industrializzazione dei componenti metallici della nostra produzione». L'azienda deve al'export circa il 70 per cento del suo fatturato annuo e lavora sui grandi bacini cerealicoli del'Est Europa, ma anche nei paesi più caldi del mondo: Pakistan, Bangladesh, Ucraina ma anche Kurdistan Iracheno, Libia, Tunisia, Algeria, ed Africa accettando commesse pubbliche e private.
«Negli ultimi 3 anni abbiamo realizzato altrettanti impianti nel Kurdistan Iracheno grazie agli ottimi rapporti che abbiamo con il governo della regione e all'impegno del nostro ufficio commerciale di Erbil» continua Nicola Finco. «Proprio un paio di mesi fa abbiamo invece inviato i componenti per la realizzazione di un impianto in Gibuti. Una commessa del World Food Program della Fao che contiamo di installare in circa un anno. Noi non solo ci occupiamo di progettazione e realizzazione dei componenti prefabbricati ma seguiamo pure l’installazione ed eventualmente le opere civili necessarie. I nostri committenti, paesi spesso difficili che scelgono di dotarsi di riserve alimentari autonome per evitare le conseguenze disastrose delle fluttuazioni del mercato dei cereali, preferiscono gli impianti chiavi in mano e noi siamo in grado di affrontare tutte le difficoltà di ogni situazione. Certo i rischi esistono e in Libia, proprio durante i primi bombardamenti occidentali contro Gheddafi, un nostro impianto è stato bombardato. Ogni tanto si rischia di prendere delle batoste, ma siamo molto attenti a come gestiamo le situazioni: nei paesi più difficili siamo seguiti dalle ambasciate e dai governi, ci serviamo di manodopera locale, seppure sotto la supervisione dei nostri tecnici, e accettiamo solo appalti garantiti da un complesso di garanzie finanziarie che ci mettono al sicuro da rischi eccessivi».
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