«Io, da biochimico a investigatore quasi per caso»

Giampietro Lago ha scoperto il suo futuro nell’Arma solo dopo la laurea: «Non lo avrei mai immaginato»
Di Silvia Bergamin
BELLUCO INTERVISTA DOTT. GIAMPIETRO LAGO CITTADELLA
BELLUCO INTERVISTA DOTT. GIAMPIETRO LAGO CITTADELLA

CITTADELLA. Da Fontaniva al comando dei Ris di Parma “quasi per caso”. Giampietro Lago, ieri a Cittadella per un convegno, è il tenente colonnello alla guida dell'eccellenza dell'investigazione dell'Arma. Dopo le medie, lo scientifico “Da Ponte” a Bassano; quindi l'università, biochimica a Padova; dopo la laurea, il servizio militare. E l'ingresso nell'Arma. «Quello che vuoi fare da grande lo capisci gradualmente, crescendo».

Si aspettava di arrivare a questa carica?

«No, quando ho assunto l'incarico mi sentivo troppo giovane. Arrivavo da una lunga esperienza a Roma, nel reparto Dna. Il primo caso che mi sono trovato ad affrontare era molto delicato e arrivava proprio dall'Alta Padovana, si trattava di una tredicenne violentata in un casolare a Campodarsego nel 2009».

Cosa prova quando risolve una vicenda ingarbugliata?

«La piacevolissima sensazione di aver fatto il proprio dovere. Dietro il nostro lavoro ci sono sempre tragedie, ci resta la soddisfazione, da dividere con tanti colleghi, di aver provato a rendere possibile un po' di giustizia».

Quanto conta lo sviluppo della tecnologia nel vostro lavoro quotidiano?

«Enormemente, oggi sono praticamente divenute di routine procedure che fino a poco tempo fa erano impensabili».

Tre figli; che cosa pensano i suoi ragazzi de lavoro del loro padre?

«Sono il loro papà, e basta. Adesso che stanno crescendo iniziano a incuriosirsi, mi fanno domande, ma io tendo a separare le due dimensioni».

I Ris di Parma sono entrati nell'immaginario collettivo attraverso le fiction . Le serie di telefilm americani Csi hanno alimentato il mito dell’infallibilità. Ma è davvero così il vostro lavoro?

«Qualcosa alla tv l’ho visto anch’io: magari si potessero risolvere i casi come nei telefilm, e cioè così presto, in modo assoluto, senza dubbi. Da parte della gente si scatenano delle aspettative inverosimili rispetto a quello che è il lavoro reale, e a volte questo diventa un problema».

Logica o tenacia?

«Sono mutuamente necessarie. E poi c'è la variabile fortuna. Mi viene in mente un caso recente, il duplice omicidio di Lignano: se gli assassini non avessero fumato?»

Televisione o lettura?

«Guardo poco la tv, quando la accendo seguo i telegiornali e i canali tematici. In compenso ascolto molto la radio, Radio24 e Radio3 in particolare. A un giallo preferisco un buon romanzo o qualche saggio».

Un libro su tutti.

«Ne scelgo due: “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenaur, adoro la filosofia, e “Cento anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez».

Tocai veneto o Lambrusco emiliano?

«Questa è cattiva: ordino un Cartizze».

Gli hobby.

«Mi piace cucinare, soprattutto i primi piatti, i tanti anni passati a Roma mi hanno ferrato sul fronte dei risotti. E poi sono uno sportivo, per tanti anni ho giocato da banda a pallavolo a Cittadella; nuoto, corro, gioco a tennis: fare sport mi libera».

Alta uniforme o un doppiopetto Armani?

«Troppo lontani, incomparabili: da una parte l'Istituzione, la Storia, e in fondo le aspettative degli altri; dall'altra, una dose enorme di vanità».

Tra dieci anni dove si vede?

«Mi fermo qui, per me è il massimo. Spero di continuare a fare bene».

L'Alta Padovana, la terra delle radici, è ancora nel cuore?

«Appena posso, torno a trovare la mamma, a Fontaniva. Qui ho i miei ricordi d'infanzia e giovinezza; qualche tempo fa, ho incontrato la mia insegnante delle scuole medie di Fontaniva al liceo “Tito Lucrezio Caro” di Cittadella: una grande emozione».

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