La casa “segreta” per donne maltrattate
È l’anno del Giubileo, il 2000, quando la parrocchia di Altichiero acquista e ristruttura una vecchia casa nel rione. Sarà il segno tangibile della carità. E così pochi anni dopo la parrocchia comincia ad accogliervi donne, vittime di violenza domestica. E’ una casa segreta che la comunità difende con il suo riservo: il rischio è che i mariti e i compagni violenti vi facciano incursione per “riappropriarsi” delle “proprie” donne in una gretta mentalità violenta. Sono due appartamenti che possono ospitare 3-4 donne con, eventualmente, i loro bambini. Un piccolo locale della struttura, diviso dalla casa “rosa” è poi destinato all’accoglienza invernale dei senza tetto. I posti sono quattro e sono gestiti grazie all’impegno gratuito di 30 volontari della parrocchia. Il resto è «normale amministrazione parrocchiale», spiega, senza nessun vanto malgrado l’incessante impegno, don Lorenzo Parolin. «Raccogliamo abiti usati, che in parte volano per il Burkina Faso, il Brasile e l’India e in parte vengono distribuiti per i poveri del nostro territorio». Gli stessi che fanno affidamento alla chiesa per riuscire a pagare una bolletta troppo salata o per vestire i figli. «La Caritas distribuisce le buste della spesa», continua il religioso, «quando possiamo diamo una mano per le bollette. Quella di Altichiero è una comunità attenta e generosa. Quando sono arrivato (tre anni e mezzo fa, ndr) ho trovato, ad esempio, una bella tradizione, quella del pranzo di Capodanno con i poveri. Non avendo cucine non riusciamo ad organizzarci per un pranzo domenicale al mese, come altre chiese, e così il primo dell’anno allestiamo le cucine da campo e condividiamo il pranzo con chi è più sfortunato». Insieme a don Lorenzo c’è anche il cappellano (che oggi risponde al nome di vicario parrocchiale), don Arun, un giovane sacerdote indiano che si dà da fare con i piccoli. Che sono tanti ad Altichiero. Basti pensare che si celebrano una ventina di battesimi ogni anno su circa 4 mila parrocchiani: «la presenza della residenza pubblica per noi è una risorsa», riferisce il don, «tra l’altro con l’ultimo Peep di via Ipazia (parzialmente già abitata) sono attese 200 famiglie. I piccoli li seguiamo attraverso la catechesi e, naturalmente, il Grest in estate al quale, purtroppo, abbiamo dovuto dare un numero chiuso (230 bambini) per garantire che siano seguiti. Riceviamo numerose richieste dall’Arcella e pure da Limena. Ovviamente diamo priorità ai piccoli del quartiere e, se avanzano posti, agli altri».
Elvira Scigliano
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