La Fip chiude l’edile Incentivo all’esodo per i 78 licenziati

L’accordo raggiunto ieri in Regione chiude la trattativa sull’incentivo all’esodo per i 78 lavoratori del ramo edile di Fip Industriale di Selvazzano (in foto, una protesta). Maestranze che dal giugno scorso sono in possesso di una lettera di avvio delle procedure di licenziamento per esubero. Il provvedimento avrà effetto dal 30 settembre prossimo, al termine del periodo di cassa integrazione straordinaria. Presenti al tavolo, oltre ai rappresentati di tutte le sigle sindacali, anche Donatella Chiarotto per la proprietà, i rappresentati della Regione, di Confindustria e Giancarlo Gambalonga per conto del commissario che sta gestendo il concordato preventivo.
I 78 lavoratori, che all’inizio della trattativa erano 84 (sei nel frattempo hanno trovato collocazione altrove) sulla base dell’accordo raggiunto ieri riceveranno ciascuno, 10 mila euro come incentivo all’esodo.
Il totale che sarà a carico della gestione del concordato sarà però di 1 milione e 20 mila euro tenuto conto del contributo Naspi e di altri oneri. È evidente che tutto dovrà passare per un’assemblea dei lavoratori di Fip Industriale in cui verranno illustrati i termini dell’accordo. «Un anno fa si prospettava per gli 84 esuberi comunicati dalla proprietà il licenziamento senza cigs e senza alcun incentivo all’uscita», commenta Davide Crepaldi (Uil). «Ora l’ultima parola spetta ai lavoratori che dovranno esprimersi in merito a questo accordo a 20 giorni dalla data del licenziamento».
Critici sull’andamento della crisi aziendale sono Dario Verdicchio, segretario generale Fillea Cgil, e Giulia Sanavio Rsa di Fip Industriale. «Una conclusione non all’altezza della storia di Fip Industriale», evidenziano in una nota. «Non sarà un incentivo all’esodo a compensare ciascun lavoratore licenziato della perdita del posto di lavoro, che sia questo un cittadino veneto o calabrese, edile o metalmeccanico, impiegato od operaio. Per il capitale rappresentato dalla loro professionalità costruita in decenni, oggi perdere non sono questi lavoratori, ma un territorio che si vede privato di un’eccellenza. Siamo delusi e sconcertati per aver assistito all’impossibilità di vedere preservata un’impresa, un bene comune secondo il dettato costituzionale, in una procedura di concordato». —
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