«La giustizia ha rallentato e con tante cause rinviate non abbiamo incassato»

Se l’attività legale era stata inclusa tra quelle essenziali, che non hanno mai subito alcuno stop, è anche vero che la macchina della giustizia ha sofferto invece di una lunga paralisi, che ha penalizzato soprattutto i liberi professionisti. Gli avvocati hanno visto le cause fermarsi per mesi, e così anche i pagamenti da parte dei clienti. Ora, però, arriva la stangata delle tasse che quest’anno sono quanto mai dolorose.

«Il decreto Cura Italia», spiega Francesca Pietrobon, avvocato, «doveva incentivare tutte le attività produttive del Paese, ma non ha dato spazio e considerazione ai liberi professionisti, se non in modo molto marginale. La nostra cassa previdenziale ha provato a venirci incontro con un provvedimento di sospensione delle scadenze e chiaramente questo aiuta, ma fino ad un certo punto. Vero è che la cassa non può fare miracoli, e lo Stato nemmeno, ma l’ultimo periodo ha inciso in modo pesante sulla nostra possibilità di lavorare, e di conseguenza sul reddito. Per tutto il mese di marzo, aprile ed anche maggio la nostra attività è stata quasi ferma nonostante fosse considerata essenziale. Il tribunale non era chiuso, ma la giustizia per funzionare ha bisogno di tante figure professionali, non solo giudici e avvocati». E con gli uffici fermi, anche gli avvocati non hanno potuto lavorare. «Con le cancellerie chiuse non abbiamo potuto fare quasi niente», va avanti Francesca Pietrobon. «Sono andate avanti solo le cause più urgenti, le altre sono state differite. L’intero apparato della giustizia è rimasto bloccato per un tempo molto lungo e solo ora stiamo lentamente riprendendo tutto ciò che era rimasto in sospeso. Da marzo a tutto maggio non siamo riusciti a svolgere a pieno o celermente la nostra attività e tutt’ora non siamo tornati a pieno regime. In altre parole potevamo lavorare ma solo sulla carta, ora le scadenze fiscali pesano per noi come per molti altri professionisti». —