La promozione di Cagol «Ora faccio il parroco sempre stato un sogno»

CADONI -AGENZIA BIANCHI-PADOVA - DON MARCO CAGOL NUOVO PARROCO A MONTA'
CADONI -AGENZIA BIANCHI-PADOVA - DON MARCO CAGOL NUOVO PARROCO A MONTA'

Vent’anni di “carriera” nei servizi diocesani, fino all’incarico di vicario per le relazioni con il territorio. Ma da ieri don Marco Cagol è parroco di San Bartolomeo a Montà. Una promozione, dice lui. «Ho sempre sognato di fare questo, fin da quando, ragazzino, facevo vita parrocchiale. E poi in quei tre anni in cui a Montà ero cappellano». Con i suoi 48 anni, don Marco si può considerare un giovane della diocesi: uomo di cultura, di relazioni, di dialogo, con grandi capacità di ascolto, per il vescovo Cipolla è stato il braccio destro ideale. «Però mi ha sempre detto che sarei stato suo vicario a termine e mi ha promesso di mandarmi a fare il parroco», racconta don Marco. «È nelle parrocchie che sta la vita della chiesa. E io speravo in questo incarico, anche se ho sempre fatto volentieri tutto il resto».

Don Marco, che per qualche settimana sarà ancora vicario, si è insediato ieri, con una messa celebrata proprio dal vescovo Cipolla, presenti anche il sindaco Giordani e il prefetto Franceschelli. E da ieri notte dorme nella sua nuova casa. «Voglio stare con le persone, mi piace l’idea di poter andare in giro, di avere contatti, confronti, di portare conforto», dice. «Battezzare un bambino, accompagnare una famiglia in un lutto, sono i compiti di un parroco. Per quanto tempo? Almeno dieci anni», dice. Anche se tutti per lui pronosticano incarichi più alti ben prima di quel termine.

A Montà, parrocchia da oltre 6 mila abitanti, vivrà con don Mariano Dal Ponte, nuovo cappellano del carcere, rientrato qualche mese fa dal Kenya. Trova una comunità vivace, scout, una foresteria, l’Azione cattolica, una società sportiva. «C’è stata un’esplosione urbanistica e demografica, poi però si è fermata. E in chiesa il ricambio è stato parziale: qualche nuova famiglia, uno zoccolo duro storico». Don Marco proverà a “conquistarli” a modo suo: «Sono poco social, nel senso tecnologico del termine, e più vecchio stile: mi piace il senso di prossimità delle parrocchie, la loro vicinanza alla gente. Poi però è anche vero che i tempi sono cambiati e bisogna trovare sempre forme nuove anche per conciliare le nuove incombenze che spettano ai parroci con i loro vecchi ruoli. In questo senso anche io credo che la chiesa clericocentrica sia già superata. Meglio far spazio a tutti, alle comunità, alla loro fantasia e vitalità». —



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