La Rinascente assume 40 interinali e dribbla lo sciopero di Natale

Grande magazzino di Padova aperto e pieno di gente per lo shopping nonostante l'astensione dal lavoro dei dipendenti, che protestano per l'annuncio della chiusura del negozio dal 15 febbraio 
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - SCIOPERO RINASCENTE
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - SCIOPERO RINASCENTE

PADOVA. Neanche lo sciopero ferma la corsa allo shopping di Natale, tra i licenziati. Si fermano i dipendenti della Rinascente di Padova, dopo l'annuncio della chiusura del grande magazzino a partire dal 15 febbraio 2019, ma con l'assunzione di 40 interinali il negozio resta aperto. 

Dalle 10 alle 13 i dipendenti in sciopero hanno manifestato davanti al grande magazzino in centro. 

Padova, alla Rinascente lo sciopero di Natale

La motivazione della mobilitazione è scritta in un comunicato di poche righe, in cui si parla «di diniego assoluto da parte dell’azienda di attivare la procedura di licenziamento collettivo e dell’avvio degli ammortizzatori sociali a garanzia e sostegno dei lavoratori».

Le coordinatrici della protesta sono Marquidas Moccia e Susanna Valentini, della Filcams e Katiuscia Rostellato, della Fisascat. Quest’ultima, da 12 anni, è anche dipendente diretta della Rinascente. «Lo sciopero di oggi è la giusta risposta alla chiusura totale assunta dai dirigenti dell’azienda nell’ultimo incontro tra le parti» osserva la segretaria della Filcams. «In base alle normative vigenti, solo con l’eventuale licenziamento collettivo si apre la strada della cassa integrazione straordinaria per crisi per 12 mesi e, successivamente, anche della procedura della Naspi per altri 24 mesi. Un lungo periodo, in cui le lavoratrici (39 a tempo indeterminato più altre 40 nell’indotto) hanno tutto il tempo possibile per trovare una nuova occupazione o attraverso l’outplacement coordinato dalla Regione e dalla Provincia o anche attraverso le singole attività che apriranno all’interno dell’edificio. Invece la controparte insiste sulla decisione di offrire ai dipendenti solo il trasferimento nelle altre filiali del gruppo, che suona come una beffa perché li obbligherebbe ad andare a vivere a Milano, Torino, Firenze, se non a Catania e Palermo».

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