La sfida di Luca «Nike regali le scarpe agli studenti bravi»

Un campione del calcio che oscura il marchio delle sue scarpe può arrivare a toccare corde difficili anche solo da immaginare. Dietro al gesto di Paulo Dybala, attaccante della Juventus, c’è una ragione legata allo sponsor e al contratto milionario che lega il calciatore alla Nike. A qualche centinaio di chilometri di distanza, in un campo sportivo di periferia con l’erba diradata, c’è un ragazzino di 13 anni che per la prima volta si è interrogato sull’opportunità di far vedere o meno quel simbolo Nike sulle sue scarpette nuove. Le stesse che si è fatto comprare da papà qualche settimana prima, sacrificio economico sostenuto a fronte di un rendimento scolastico invidiabile.
Luca Zerbetto, centrocampista dei Giovanissimi della Juvenilia Buon Pastore, ha sviluppato un ragionamento che va oltre i sogni di un ragazzino innamorato del calcio e dei suoi campioni.
«Perché mai dovrei fare pubblicità gratuita alla Nike, visto che gli scarpini i miei genitori me li hanno anche dovuti comprare?», si è chiesto sabato mattina poche ore prima di entrare in campo. Così ha preso le sue nuovissime Nike “Mercurial” e ha oscurato il baffo rendendole anonime. «Dybala fa benissimo a chiedere un sacco di soldi ai suoi sponsor», ragiona. «È bravo e chi è bravo merita di essere premiato. Lui si arricchisce anche grazie ai soldi spesi dalle nostre famiglie, pressate da noi che vogliamo le scarpe migliori, convinti del fatto che siano quelle che fanno bravo un calciatore». Questo inaspettato flusso di coscienza ha generato anche un’idea. «I ragazzi che giocano nelle diverse “academy” o che fanno parte delle formazioni di “selezionati” hanno una loro gratificazione. Ma ce ne sono tanti altri che, pur amando il calcio, pur non mancando ad un allenamento, pur rimanendo qualche volta in panchina e dunque non avendo grandi aspettative, magari sono bravi a scuola. Perché i grandi marchi (non solo Nike) non ne premiano un paio per scuola? Magari fornendo il materiale per il loro sport preferito. Sarebbe un incentivo e un’ulteriore pubblicità».
Nel mondo di Luca ciò che propongono i big del calcio diventa moda. Dalla cresta di El Sharawy ai tatuaggi di Ibrahimovic. I ragazzini sognano e replicano senza porsi troppi interrogativi. È la moda. Poi si cresce e dai muri della cameretta spariscono tutti i poster. Ecco, Luca per la prima volta ha guardato oltre quel mondo artefatto. Complice anche la realtà, la sua realtà, quella del campo sportivo di provincia. Nel match contro l’Atletico Noventana Luca e i suoi compagni hanno perso con il punteggio tennistico di 6 a 2. «Il calcio resta comunque il mio sport preferito e da grande vorrei fare il calciatore». I sogni restano nonostante le sconfitte. E questo è un lieto fine.
Enrico Ferro
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