La spiaggia appartata tra Jesolo e Caorle si scopre “gemellata” con Casal di Principe

Viaggio a Eraclea, tra incredulità e paura. L’unico assessore rimasto in Comune:«Sono arrivati presto, hanno portato via molte carte» 
SCATTOLIN - DINO TOMMASELLA - ERACLEA - ABITAZIONE DEL SINDACO MIRKO MESTRE IN VIA INTERESSATI 23/C
SCATTOLIN - DINO TOMMASELLA - ERACLEA - ABITAZIONE DEL SINDACO MIRKO MESTRE IN VIA INTERESSATI 23/C

ERACLEA.



Saranno poco più di cento metri a separarli in piazza Garibaldi, al centro di Eraclea.

Municipio e snai

Da un lato il municipio, dove al primo piano c’era l’ufficio del sindaco Mirco Mestre e dall’altro il punto scommesse della Snai, feudo dei Donadio gestito da Adriano. È su questo rapporto criminale stabilito dall’inchiesta della procura che, martedì mattina, nel giorno di mercato, tutti si interrogano: Eraclea, località di mare, si scopre gemellata con Casal di Principe, associata al clan dei Casalesi. Il sindaco avvocato, che curava anche gli interessi di Donadio, e l’imprenditore edile, referente in Veneto per la famiglia Schiavone. Le promesse fatte - dice l’inchiesta - per lavori futuri. Davanti al municipio ci sono ancora le auto di polizia e finanza. Poco dopo le 11 dal municipio esce Angelo Cattelan, l’unico membro della giunta che si farà vedere in piazza per tutto il giorno. Ha il sorriso nervoso di chi non sa bene cosa dire. «Sono arrivati questa mattina, si sono portati via molti documenti», dice alludendo ai poliziotti e ai finanzieri, «ma ancora non abbiamo capito». Ancora non sa che Mestre, il suo sindaco, è stato arrestato per voto di scambio. C’è chi non ci crede, chi dice che le chiacchiere giravano. «Sì, ma come girano a ogni elezione». Nessuno vuol lasciare il nome. «No per carità, qui ci conosciamo tutti». Ma per chi ha votato lei? «Non me lo ricordo». La paura di ripercussioni, gli stessi volti che si incontrano negli stessi bar. La casa dove abita il sindaco, una villetta di mattoni a faccia vista con piscina in via Interessati, la strada per Portogruaro. La cognata si affaccia a pena, per dire che non c’è nessuno, che nessuno vuol parlare.

A casa dei Donadio

Dall’altra parte del centro c’è via Sarpi. La mappa della cosca disegnata dall’inchiesta è in un fazzoletto di terra che si snoda intorno al centro. Il quartiere di via Sarpi risale agli anni Novanta, sul lato sinistro del Piave, i Donadio ci abitano da più di vent’anni. Biville in fila e ordinate. «Sono quelli che fanno le feste con i fuochi d’artificio», racconta chi abita nello stesso quartiere. Ma è meglio non chiedere commenti ai vicini di casa. Un uomo che si sporge al vialetto del giardino, viene rimproverato e richiamato dalla moglie. «Non parlare, non dire niente». I membri della famiglia Donadio sono ai civici 8 e 10. Due porzioni di bi-villa con il giardino in comune, una grande piscina. Vialetti d’ingresso, portico, travi accatastate nel posto auto di fronte al garage. A mezzogiorno i finanzieri del Gico e i poliziotti dello Sco sono ancora al lavoro, escono con faldoni di documenti, hardware di computer, un paio di scatoloni. Davanti a casa Donadio anche le tre auto poste sotto sequestro che tra un po’ il carro-attrezzi verrà a portare via: una Bmw X5, una Serie 1, una Smart. Tutte nere. Ad assistere alla perquisizione c’è Adriano, il figlio di Luciano. Quando riconosce i giornalisti, affacciandosi al moncone di strada davanti al suo cancello, si copre il volto con il cappuccio del woolrich. Il padre Luciano è stato subito portato in carcere, lui è rimasto in casa per assistere alla perquisizione. Erano state le sirene, prima dell’alba, a svegliarli entrambi, per la consegna di un provvedimento d’arresto per associazione mafiosa. Una parola che quando la pronunci, le persone strabuzzano gli occhi. E ogni relazione con i vicini viene derubricata a «rapporti di buon vicinato».

l’auto bruciata

Fa fatica a crederci anche Adriano Burato, uno di destra-destra, già leader del gruppo dei Trecento che fu del consigliere regionale di An, Moreno Teso. Ieri mattina gli hanno telefonato in tanti: “Ti ricordi quando ti avevano bruciato la macchina, ma non che siano stati loro?”. E lui ad alzare le spalle. Salvo scoprire, come è scritto nelle carte, che sì, erano stati loro, i Casalesi, il 23 giugno del 2006, a bruciargli l’auto, davanti alla chiesa di Ponte Crepaldo, perché, in campagna elettorale, Burato aveva denunciato la vicinanza di Graziano Teso alle imprese di Poles e Donadio. «Sono sconvolto», dice, mentre cerca di ricostruire cosa accadde quella notte. «Certo, avevo pensato a una minaccia, ma adesso ha un nome e un cognome». Un amico lo interrompe: «E’ una questione di soldi. E sai dove portano i soldi? Prenda la strada di Eraclea Mare».

Valle Ossi e il biogas

Schiere di villette, due grandi cantieri in centro senza cartello di inizio lavori. Sulla strada verso la spiaggia, alle spalle dell’oasi verde della Laguna del Mort, c’è un terreno chiamato Valle Ossi. L’ordinanza di custodia cautelare porta qui. C’è il nome di Graziano Teso: nel 2006 propose a un fondo di investimenti americani di acquistare l’hotel Victory (di proprietà di Donadio e Poles) in cambio di un aiuto per realizzare il progetto, un grande villaggio turistico da 14 mila presenze. Eraclea Mare, ma anche la campagna di Stretti, a Nord : dove i casalesi, in cambio dei voti portati a Mestre, volevano realizzare un impianto a biogas. —


 

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