La valle racchiusa fra il fiume Cornio e il Medoacus minor che valeva un Sacco

È il vescovo Gauslino a fortificare il villaggio di Plebs Sacci  sin dall’epoca romana territorio rinomato per il suo pregio 
BELLUCO-FOTOPIRAN-PIOVE DI SACCO-TORRE CAMPANARIA
BELLUCO-FOTOPIRAN-PIOVE DI SACCO-TORRE CAMPANARIA

francesco jori

Come avere una grande cassaforte all’aperto, alla quale si può mettere mano quando occorre, o anche più semplicemente quando c’è da fare qualche regalo da vip. Alle radici antiche di Piove di Sacco appartiene questa privilegiata caratteristica segnata dalla natura: un’ampia area compresa a suo tempo tra due corsi d’acqua, il Medoacus minor (uno dei due rami del Brenta) e il Cornio, e a ridosso della laguna veneziana. Una risorsa appartenente, nel Medioevo, al demanio regio, come dire ai beni patrimoniali dello Stato: altro che tesoretto, una vera fortuna. Al punto da venire chiamata “Saccus”, un po’ per l’avallamento naturale del territorio, ma molto per il significato economico del termine: come dire borsa, sacco di soldi, a cui la storia ci racconta che sia stata ripetutamene messa mano nei secoli.

Comincia già Narsete, luogotenente bizantino e rappresentante in Italia di Giustiniano, nel 555: la capitale è a Ravenna, da cui si controlla un’ampia area detta esarcato che arriva fino a Padova. Ed è per l’appunto un padovano, Vitaliano, a dare un robusto appoggio alle truppe bizantine, impegnate all’epoca nella guerra contro i Goti; come ricompensa, riceve una serie di terreni appartenenti al Sacco, o meglio all’area detta proprio per questo Saccisica. Due secoli dopo, nel 774, al tesoro della futura Piove attinge Carlo Magno in persona, per sdebitarsi con due fratelli sempre padovani, Carlotto e Giovanni Transalgardo, che gli sono stati fedeli alleati nella decisiva lotta contro Desiderio, l’ultimo re dei longobardi, da cui i Franchi escono vincitori assicurandosi il controllo dell’alta Italia. E quando si chiude l’epoca dei carolingi, con l’affermazione nell’888 del nuovo re d’Italia Berengario, quest’ultimo, forse per assicurare al suo potere laico uno strategico supporto ecclesiale, fa dono della Saccisica all’allora vescovo di Padova Pietro. Infine, nel 964, l’imperatore Ottone ne conferma la proprietà al vescovo Gauslino.

caposaldo militare

È con quest’ultima operazione fondiaria che probabilmente si pongono le basi per la costituzione dell’attuale Piove di Sacco: già prima si tratta di aree di pregio, ma verso la fine del millennio si aggiunge un motivo militare, dal momento che il Padovano è infestato dalle scorrerie degli Ungari, ultimi barbari in libera uscita in Veneto, a chiusura di una serie iniziata da quattro secoli. Certo, non si costruisce da zero: ci sono tracce di una colonia romana almeno del I secolo dopo Cristo; ma qui il vescovo Gauslino è intenzionato ad erigere un “oppidum”, quindi un luogo fortificato al cui interno si viene costituendo anche un nucleo abitato (la gente preferisce vivere al riparo di rassicuranti mura con tanto di presidio armato), la cui popolazione cresce in pochi anni, al punto che lo stesso presule dispone la costruzione di una chiesa più spaziosa al posto di quella preesistente; e la chiama Plebs Sacci, Piove di Sacco: il nome dell’attuale comune si forma dunque così, a ridosso del fatidico anno Mille che secondo molti avrebbe dovuto segnare la fine del mondo.

feudo di forzatÈ

Invece no. Piove entra nel secondo millennio con una sua struttura già consistente, e anche tale da destare ulteriori appetiti. Nel Duecento viene data in feudo da Federico II ad Enrico Forzatè, uno dei sedici provveditori eletti dal popolo nel Comune di Padova, come premio per aver tradito la causa della città consegnandola al genero dell’imperatore, Ezzelino. Viene riconquistata dall’esercito guidato dal vescovo di Ravenna (all’epoca le gerarchie ecclesiastiche non usano le mani solo per benedire) Guido Fontana, che sta andando a liberare Padova dal tiranno.

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