La Verità di stampa vista dagli studenti: la propaganda dagli antichi a oggi

Il progetto del mattino con Ca’ Foscari si conclude con la presentazione dei lavori dei liceali: li abbiamo raccolti qui, eccoli 

PADOVA. Dalla tutela dell’ambiente alla manipolazione della realtà attraverso l’informazione: il dibattito sul fenomeno è esploso con la diffusione di internet e dei social network, ma la dinamica è antica. Lo sanno bene gli studenti che hanno partecipato al laboratorio “A scuola di giornalismo” a conclusione del progetto “Verità di stampa”.

QUATTRO LICEI

L’attività, proposta in occasione dei 40 anni de il mattino di Padova, è stata organizzata in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e quattro licei: il Canova di Treviso, il liceo Levi di Montebelluna, il Tito Livio di Padova e il Tito Lucrezio Caro di Cittadella.

La redazione è entrata in classe con Tiziano Marson (coordinatore del laboratorio) e con la giornalista Paola Pastacaldi: i ragazzi sono stati sollecitati sul tema della ricerca della verità, e hanno risposto con una produzione a tamburo battente di riflessioni originali, destreggiandosi fra tecnologia e classici greci e latini.

I risultati saranno presentati nell’Aula Magna del liceo Tito Livio, con l’intervento del direttore del mattino di Padova, Paolo Possamai, e di Alberto Camerotto (Università Ca’ Foscari). Parte del progetto anche i docenti del Tito Livio Daniela Mazzon e Carla Sandon (1C) e Gigliola Bettelle (3B); per il Caro Marta Ereno, Antonella Brunati, Enrico Bonello, Gianmarco Pellizzari, Stella Bottegal, Loris Parise, Cristina Marcon, Armando Campana, Flavia Fommei, Elena Adriani e Kelly Cerchiaro.

Gli spunti. A Cittadella (Liceo Caro) è arrivato l’effetto Greta, con un approfondimento sul caso del fiume Brenta: 174 chilometri d’acqua che attraversano il Veneto e buona parte del Trentino, portando con sé un bagaglio di metalli pesanti ben sopra la media. Al Tito Livio di Padova, invece, i ragazzi sono partiti dalla musica e dal trionfo di Mahmood all’ultima edizione di San Remo: una vittoria che ha velocemente acceso un incendio di polemiche, divampate non intorno a disquisizioni musicali, ma al tema dei migranti. Manipolazione della realtà? Forse, dicono gli studenti del liceo Tito Livio.



La storia antica. Non sarebbe del resto una novità, aggiungono, dato che l’arte affonda nella storia antica: ne faceva largo uso già Augusto, tiranno dal guanto di velluto. E non solo nella sfera pubblica: Augusto si era insinuato anche nella vita privata dei cittadini, attraverso la lex Iulia sulla moralizzazione dei costumi. Un’invasione che oggi è diventata sempre più pressante, con la nascita dei social network.

Perché se un tempo, analizzano gli studenti del liceo Caro di Cittadella, la politica si faceva in piazza, oggi quella stessa piazza si è spostata in rete. E il mare del web è pieno di esche: una di queste è rappresentata dai “bot”. Qui i giovanissimi battono gli adulti 3 a zero: i bot sono profili falsi ma che sembrano veri.

«Il ruolo dei lettori». I ragazzi del Tito Livio, citando Marcello Foa, li definiscono «stregoni della notizia». Il risultato? Diventa sempre più difficile farsi un’opinione. Per gli studenti che hanno partecipato al laboratorio il messaggio è chiaro: «un ruolo fondamentale» scrivono «ce lo giochiamo anche noi lettori, che non dobbiamo farci cogliere alla sprovvista». —
 

PROPAGANDA



Dalla propaganda augustea al verdetto di Sanremo: informazione veritiera o manipolazione?

(Francesca De Marco, Elena Nodelli, Camilla Oddi)

Liceo Classico “Tito Livio” – Padova - Classe 1^C Indirizzo: Liceo Classico con Potenziamento Matematico

9 febbraio 2019: il 69° Festival della Canzone italiana di Sanremo si conclude con la vittoria di Alessandro Mahmoud, in arte Mahmood, una vittoria resa possibile grazie al contributo decisivo della giuria di qualità e subito riletta politicamente in relazione alla “questione migranti”.

Ma come si fa a distinguere le informazioni autentiche e attendibili da quelle manipolate per secondi fini? È un problema moderno o piuttosto un’iterazione dell’antichità?

Già Augusto, con le sue riforme e le sue leggi, promulgava un messaggio di pace e prosperità in quei delicati anni che, nell’antica Roma, portarono all’affermazione dell’Impero. Dichiarandosi pacificatore e riuscendo, dopo decenni di guerre civili, a trasformare l’assetto statale della “Res publica” senza destare sospetti, diede vita ad una delle più interessanti opere di manipolazione della verità di tutti i tempi.

Emblema della macchinazione augustea è notoriamente l’“Ara Pacis”, altare riccamente decorato con scene mitiche, posto nel Campo Marzio, cui si giungeva attraverso una via processionale lunga dieci chilometri. Le rappresentazioni vertono sull’esaltazione di Roma in tempo di pace, sul mito legato al suo fondatore Enea e sul parallelismo tra quest’ultimo e il “Princeps”.

Senza dimenticare che Augusto fu un accorto stratega e manipolatore anche in ambito socio-culturale. Ad esempio con la “lex Iulia”, la legge di moralizzazione dei costumi, controllava il cittadino romano, più propriamente suddito, anche nella sua sfera personale.

E persino le rappresentazioni teatrali venivano plagiate nei loro contenuti in modo che fossero conformi alla politica dello Stato.

Ingerenze pericolose ieri come oggi, su cui il progetto “Verità di stampa” ci ha invitato a riflettere, perché i nemici di questa irrinunciabile verità sono in costante agguato.

STREGONI


 

La verità degli stregoni dell’informazione

(Liceo Titolo Livio, III B - Linda Gaiani, Giuditta Cattozzo, Giorgia Forin, Iago Tognon)

In occasione del recente quarantesimo anniversario de Il Mattino di Padova, ricordiamo ciò che Livio Berruti, primo direttore del giornale, scriveva nell'editoriale di esordio: Il nostro giornale ha un solo partito: quello dei suoi lettori.

Un giornale è infatti inteso in primo luogo come strumento di democrazia, indipendente da ogni potere, in cui ogni notizia o informazione fornita dev’essere attendibile e veritiera. Criterio fondamentale dell'informazione è la selezione delle notizie. Ebbene, l’importanza di una notizia non è determinata da criteri oggettivi: spesso essa è importante se viene giudicata tale dai media.

Come dice Marcello Foa nel suo libro, Gli stregoni della notizia. Atto secondo, se la notizia non viene giudicata importante dai grandi media americani, nel suo percorso potrebbe non aprirsi nessun “cancello”: essa passerà sotto silenzio.

Ma qual è il percorso della notizia? Al livello più alto della piramide troviamo le fonti d’informazione, per il 70-80 % dei casi costituite dai vertici delle istituzioni: sono essi che determinano cosa debba essere considerato vero e cosa no. Subito sotto stanno le grandi testate americane, poi le agenzie di stampa nazionali, locali, e così via.

Sono dunque i comunicatori delle informazioni a livello istituzionale, portavoce di presidenti o uffici stampa, ad aprire i cancelli dell'informazione e a suggerire alla stampa cosa sia importante o meno. Veri e propri strateghi della comunicazione, gli spin doctor sono gli esperti in grado di "far girare vorticosamente" la notizia (spin) e  imprimerle un taglio così particolare da ipnotizzare i media, inducendoli a fare propria una determinata visione della realtà.

L’epoca odierna finisce così per assomigliare fortemente a quella descritta da Tacito, storico latino di età imperiale, che ci parla di un popolo romano trasformatosi in una massa amorfa e priva di identità politica, di un'epoca in cui gli avvenimenti non venivano più decisi negli antichi spazi pubblici ma nelle stanze del palazzo imperiale.

Tacito sperava di riuscire a parlare “senza amore e senza odio ma con incorruttibile sincerità” (incorrupta fides, Hist., I,1) anche dei tiranni più crudeli sotto cui pure aveva fatto carriera; oggi ci troviamo spesso a dover assistere non a effettivi eventi (avvenimenti), ma a “pseudo-eventi” (Boorstin 1964): eventi non spontanei ma costruiti a tavolino, conferenze e interviste del tutto verosimili, ma volti a sostenere gli scopi di un attore politico.

E' sempre più difficile capire se e come possa essere ottenuta un'effettiva “verità di stampa”: un ruolo fondamentale ce lo giochiamo anche noi lettori, che non dobbiamo farci cogliere alla sprovvista perché incapaci di difenderci da tali giochi di manipolazione, sviluppando lo spirito critico e verificando attentamente la notizia che ci viene presentata, nostra unica possibilità per non diventare semplici marionette i cui fili vengono mossi dai vertici del potere.

Sostanze nocive e rifiuti nel fiume Brenta, il fiume dell'incuranza. Nonostante le numerose segnalazioni, la Regioe continua a ignorrare la tutela del fiume

(Giovanni Gelain, Giacomo Mezzalira  4BSA)

174 chilometri d’acqua che attraversano da secoli quasi tutto il Veneto e buona parte del Trentino. Il Brenta è sotto gli occhi di tutti eppure nessuno (o quasi) sembra voler vedere i numerosi problemi di un fiume che è tra i più importanti e lunghi della nostra penisola.

Il corso d’ acqua infatti, che comincia il suo tragitto dai laghi di Levico e Caldonazzo, sembrerebbe presentare un alto livello di inquinamento, tale che in alcuni comuni si è arrivati addirittura a vietarne la balneazione.

Ma le soluzioni dei governanti, spesso, si fermano qui e piuttosto che affrontare il problema alla sorgente si preferisce intervenire sulla foce. Recentemente, però, non solo la Regione ha prestato poca attenzione alle condizioni del fiume bensì, anche se sollecitata da numerose segnalazioni, ha ritenuto opportuno non intervenire sulla questione.

Già nel 2008 il consigliere regionale leghista Nicola Finco criticava la scelta di edificare una zona pedonale a duecento metri di distanza da un argine che l’istituto Arpav giudicava: “costituito da materiali di risulta quali frammenti di varie pezzature, scarti di attività edile di demolizione, ma anche plastica, metallo e frammenti di cemento amianto”.

La segnalazione del consigliere Finco era stata inoltrata al comune di Bassano Del Grappa, ma due anni dopo si era deciso comunque di non intervenire sull’argine inquinato. Negli ultimi anni le promesse della Regione parlavano di un maggiore monitoraggio del fiume e, se fosse stato necessario, di interventi concreti.

Nonostante i presupposti, 9 anni dopo la situazione non sembra essere cambiata, tanto che le lamentele dei rappresentanti Grillini dei comuni di Bassano, Cartigliano, Rosà e Tezze sul Brenta hanno smesso di essere tali e sono diventate delle vere e proprie accuse analizzate dalla Procura di Vicenza.

Il caso era nato da alcune avvertenze della popolazione riguardanti la presenza di ogni sorta di rifiuto che affiorava sull’acqua. Le seguenti rilevazioni hanno dimostrato che il fiume, in quel tratto, era molto inquinato e presentava tracce di metalli pesanti ben sopra la media.

Oltre che ai sindaci dei comuni l’accusa era stata rivolta anche all’ente Etra, mettendo in discussione l’efficienza del suo depuratore. La difesa ha replicato chiedendo una dimostrazione da parte dell’accusa, ma già i dati dell’anno precedente rilevati dall’ente stesso avevano posto in rilievo questo tipo di problema.

Nel solo 2017 però i casi non si fermarono qui. Verso la Regione infatti, il sindaco di Asiago, Roberto Rigoni Stern, aveva espresso il proprio disappunto per la mancanza di controlli, seppur costantemente richiesti nei tre anni precedenti, riguardo la zona dell’ex discarica del Melagon che continua tutt’oggi ad inquinare le falde della zona dei Sette Comuni.

Nel padovano invece, dopo che nelle acque dei comuni di Cittadella, Fontaniva e Tezze sul Brenta erano state trovate delle tracce di cromo esavalente (metallo particolarmente nocivo), la Regione aveva promesso una piattaforma web dove avrebbe tenuto informati i suoi cittadini. Ad oggi della piattaforma non vi è traccia. Cosi come non è apparsa traccia di un minimo interesse verso la tutela di un fiume, patrimonio di flora e fauna locali, che bersagliato dai rifiuti di 43 discariche nel solo Vicentino (dati Legambiente) rischia di diventare vittima della poca sensibilità delle persone.

TECNOSOFISTI



L’atomo della comunicazione umana, la parola, nella sfera politica moderna diventa l’arma degli invisibili eserciti della disinformazione. I bot.

(Davide De Agostini, Joshua Maduro, Greta Gnoato & Matilde Velo)

Nell’età classica, in cui si sperimentarono per la prima volta meccanismi politici complessi, la parola aveva come terreno fertile il discorso, detto con un termine solenne “orazione”.

Era un’epoca ancora arcaica per la comunicazione di massa, limitata pressoché alle adunate di piazza, e il mezzo della propaganda era l’oralità. In essa, di conseguenza, si riversarono le problematiche, come già analizzò Socrate, sull’uso negativo del “logos”, al fine di manipolare in modo sofisticato la mente dei semplici cittadini.

Nel 2019  l’alfabetizzato e sviluppato Occidente ha superato ormai anche la dimensione “stampata” della parola, e l’ha gettata nell’universo artificiale della Rete, dove essa è preda delle più subdole e spietate manipolazioni.

In questo contesto, l’inventore di Facebook, nonché proprietario di Whatsapp, Mark Zuckerberg, ha deciso di alzare le barriere difensive contro le intelligenze artificiali, mascherate da utenti, compiendo un gesto
mai avvenuto prima: chiamare in soccorso i governi. Tutto ciò in prossimità delle elezioni europee.

Quello che avverrà fra il 23 e il 26 maggio 2019 è di rilevanza internazionale, dal momento che il Parlamento europeo farà le “il ricambio” dei propri deputati; ma qual è il modo con cui la Rete può influenzare un contesto così decisivo per le sorti del Vecchio Continente? Si tratta semplicemente di sfruttare l’ignoranza, o meglio la disinformazione, che affligge gran parte dei cittadini d’Europa; chi più, chi meno, e in ambiti di vario genere.

Non parliamo di attacchi hacker, così tanto temuti e diabolici, nonché ormai estremamente complessi nelle loro procedure, bensì di qualcosa di ben più latente e insidioso, quanto più apparentemente innocuo.I bot sono gli strumenti di tutto ciò: consistono in profili falsi che si autogestiscono seguendo le istruzioni di ingegnosi algoritmi, in grado di simulare l’intelligenza umana tramite la produzione di messaggi scritti.
Essi producono commenti falsi, informazioni false, seminano zizzania e discordia e gettano “spazzatura” sui candidati alle elezioni, incentivando così la sfiducia popolare.

Ma ovviamente, dietro questi automatizzati e incoscienti veicoli di falsità, c’è sempre qualcuno che ne specula. Ma chi mai potrebbe essere interessato a sfruttare la bonaria ingenuità delle masse di utenti, gli inesperti navigatori di un mare così complesso come il Web?

Sono, come sempre, potenti organizzazioni che, qualora non li gestiscano direttamente, rientrano comunque in disegni economici e politici di portata ormai planetaria. In questi ultimi anni è emerso il caso Russiagate, inchiesta secondo la quale ci sarebbe stata una lotta informatica, affidata a potenti hacker dal governo russo, con l’obiettivo di favorire l’elezione di Donald Trump. E questa lotta sarebbe stata condotta nientemeno che con il sistema delle fake news, oltre che con intromissioni nel conteggio dei voti…

Possiamo dunque notare come, nella politica, da venticinque secoli ad oggi non sia cambiato molto lo sfruttamento delle masse. In una struttura democratica in crisi la falsità dilaga nella comunicazione. Dietro le promesse poetiche e allettanti di uomini forti, cavalieri della giustizia e dei diritti, si nasconde la
consapevolezza che la gente può essere manipolata come marionette, a loro egoistico vantaggio, e a danno e beffa di chi viene persuaso.

Che si chiamino sofisti, o news-fakers, c’è sempre la parola di mezzo, il Logos, che, con la stessa colpevolezza di un guanto bianco, viene usata per violentare la mente delle comunità umane.

CONCLUSIONI

Alberto Camerotto, Università Ca' Foscari

Un progetto tra scuola, università e giornali alla ricerca dei fondamenti della democrazia d'Europa


È stata una buona sfida quotidiana per la ricerca, per la scuola, per la stampa. Si è parlato di pensiero, di informazione, di comunicazione, di società. A cercare i fondamenti, a intuire il futuro. Il progetto Verità di Stampa, è stato proposto in occasione del 40° anniversario da il Mattino di Padova e la Tribuna di Treviso, in collaborazione con l'Università Ca' Foscari, il Liceo Tito Livio di Padova, il Liceo Tito Lucrezio Caro di Cittadella, Il Liceo Antonio Canova di Treviso, il Liceo Primo Levi di Montebelluna.

E, insieme, hanno collaborato altre istituzioni della ricerca e della cultura, il Teatro Stabile del Veneto, la Fondazione Benetton Studi Ricerche, il Museo Nazionale Salce, che hanno accolto gli eventi e che si sono intrecciati ai lavori.

Si è aperto un grande laboratorio scientifico-didattico dedicato ai temi e alle questioni che rappresentano il fondamento del giornalismo e della stampa nella cultura europea e nella società attuale. Ma, come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica, la libertà e il pluralismo della stampa sono anche tra i fondamenti della nostra democrazia. Insomma, è stato un esperimento di scuola di giornalismo per i nostri giovani con tremila anni di pensieri a disposizione.

A partire dalle prime esperienze della democrazia dell'Atene classica: dalle indagini di Erodoto e di Tucidide, dalle strategie della comunicazione di Gorgia e dei Sofisti e dalle domande problematiche di Socrate. Mescoliamo e facciamo reagire le idee e le discipline più antiche e più moderne, senza confini, senza inibizioni.

Il titolo Verità di Stampa contiene le idee che hanno fatto l'Europa, ci sono le radici di ogni nostra democrazia nel concetto di "libertà di parola", un diritto e un dovere essenziale, che diventa per noi "libertà di espressione", "libertà di stampa". Da qui nasce la nostra res publica, perché dire quello che si pensa liberamente davanti a tutti è il primo fondamento dell'uguaglianza e del bene comune.

La parola di ciascuno è il contributo per una società certo più complessa, ma che per noi è cosa migliore del pensiero unico, che apre le vie a ogni dittatura. E poi, nel titolo del progetto, c'è dentro la verità, o meglio la ricerca della verità, il principio dal quale nasce la filosofia, la scienza, l'amore della conoscenza. Con una consapevolezza straordinaria per la sua umiltà.

I Greci antichi sapevano bene che la verità non è mai un possesso, forse neppure per gli dei dell'Olimpo. Per loro non c'era verità rivelata, nessuno pretendeva di possedere la parola di un dio. La verità è una infinita inquietudine, una continua conquista che sfugge nel momento in cui si crede di averla afferrata. Il senso migliore, quello che rende la vita degna di essere vissuta, come ci dice Socrate nell'Apologia, sta proprio nella ricerca. È l'umiltà di sapere di non sapere. Solo di qui comincia la nostra storia del pensiero.

Il progetto dall'inizio di ottobre 2018 si è articolato in una serie di eventi pubblici, tra il Teatro Verdi di Padova, la chiesa di San Teonisto, auditorium della Fondazione Benetton, il Museo Nazionale Salce a Treviso, Villa Rina a Cittadella.

Tra gli ospiti hanno partecipato giornalisti e studiosi come Carlo Bonini, inviato speciale de la Repubblica, Giovanni Canzio, primo Presidente emerito della Corte di Cassazione, il filologo Luigi Spina, tra i massimi esperti sull'origine della libertà di parola nel mondo antico, la storica dell'arte Marta Mazza, ideatrice del nuovo Museo nazionale della collezione Salce e ora soprintendente delle Marche, il regista teatrale di Anagoor Simone Derai, l'oceanografo Sandro Carniel.

Hanno fatto seguito i laboratori tecnici A scuola di Giornalismo nei singoli licei, con le lezioni dei giornalisti (tra i quali Tiziano Marson e Paola Pastacaldi) e gli interventi della ricerca in classe (con gli interventi di Alessandro Iannucci dell'Università di Bologna e il filosofo Stefano Maso di Ca' Foscari) e le azioni didattiche del Gruppo dei giovani di Aletheia di Ca' Foscari.

Il percorso si è sviluppato, infine, nel lavoro dei docenti e degli studenti di ciascun liceo, col valore anche di una virtuosa "Alternanza Scuola/Lavoro", per un laboratorio sperimentale di indagine e di scrittura giornalistica. Con un passaggio dalla teoria alla prassi i giovani liceali impegnati nel progetto hanno fatto esperienza delle tecniche e dei problemi della scrittura giornalistica attraverso la realizzazione di articoli e reportage sul mondo reale tra la polis e la paideia.

Gli articoli migliori sono ora pubblicati dal Mattino di Padova e dalla Tribuna di Treviso. I risultati sono presentati in due eventi conclusivi, con gli interventi di Paolo Possamai e di Alberto Camerotto  per la direzione del progetto: venerdi 10 maggio 2019, alle ore 11.00, nell'Aula Magna del Liceo Tito Livio a Padova e sabato 11 maggio alle ore 10.00 all'Aula Magna Giorgione del Liceo Canova a Treviso, in occasione della premiazione dei Ludi Canoviani, che con il tema Dicere laudes, dicere verum si sono intrecciati al progetto.

Qualche riflessione conclusiva sul significato di Verità di Stampa. Per la ricerca e l'università è stata la sperimentazione di contatti e di percorsi inediti, tra la filologia, la filosofia, la storia, il cinema, l'arte, mescolando con piacere anche scienze e humanities. Fuori dagli schemi, con la libertà che serve alla scienza. Perfino contro le vetrine e il mercato, troppo scontati. Altrimenti, per dirlo con una immagine antica, sarebbe come credere alle Sirene anziché alle Muse.

Per la scuola si è trattato di mettersi a confronto col mondo reale, trasformare tutto quello che ogni giorno si studia sui banchi in strumento di interpretazione e di azione nel nostro tempo, per un esperimento in cui diventano cosa viva, con una vera e propria rivoluzione cognitiva, l'intuizione di Omero, la lucidità di Euripide, l'indagine e la verità più implacabile di Tucidide. Non più semplice compito scolastico o erudizione, ma metodi e idee per il mondo reale, qui e adesso.

Per il giornalismo può essere la prova di un tempo altro, fatto per inventare un dialogo con i lettori e gli autori più giovani, gli uomini che inventeranno il futuro, passando attraverso il mondo delle verità in frammenti e delle menzogne che come un virus potrebbero diventare vere.

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