L’Arsenale brucia in un gorgo di intrighi

“Vetro” di Giuseppe Furno ci fa respirare le atmosfere della Venezia del ’500, tra guerre e istanze libertarie
Di Nicolò Menniti-ippolito

di Nicolò Menniti-Ippolito

Se si facesse la classifica delle città più usate come sfondo di romanzi storici, Venezia si troverebbe davanti a tutti, superando anche Parigi e Londra. Sono soprattutto gli stranieri a prediligere storie veneziane, ambientate tra il cinquecento e il settecento, perché i ponti, le gondole, le calli strette, i palazzi nobiliari sono un’attrazione irresistibile per l’avventura ed il mistero.

Ma, per quanto gli scrittori si documentino, Venezia rimane appunto uno sfondo, fascinoso finché si vuole, ma anche un po’ di cartapesta. È dunque lecita un po’ di diffidenza di fronte all’ennesimo romanzo storico di ambiente veneziano. Ed invece “Vetro” (Longanesi, 775 pagine, 18,60 euro) sorprende per la capacità di fare della storia veneziana la vera protagonista del libro. Giuseppe Furno, sceneggiatore televisivo all’esordio nel romanzo, non è veneziano, ma lo è diventato scrivendo questo libro. Non si è limitato alla solita infarinatura di storia veneziana, non si è accontentato del suono evocativo delle antiche magistrature lagunari, ha proprio innestato una storia di avventura, ma non solo, sul grande albero della storia della Serenissima, riuscendo a restituire il clima, gli odori, i sentimenti di un’epoca.

L’epoca è la seconda metà del ’500, quando Venezia è alle prese con i turchi, con l’invadenza della Inquisizione, con i precari equilibri interni e diplomatici. Ed il centro da cui la storia si irradia è l’Arsenale, anzi l’incendio dell’Arsenale del 13 settembre del 1569, lo stesso episodio con cui inizia “Altai”, altro romanzo storico, scritto nel 2009 dai Wu Ming. Lì l’incendio e il sospetto caduto sul nemico turco si mescolavano alla vicenda dei marrani, qui invece alle brighe dell’Inquisizione per imporre il rigore controriformistico anche alla ribelle Venezia.

Giuseppe Furno, che ha presentato il libro ieri a Padova, è riuscito a fondere questa vicenda storico-politica, in realtà vitale per la storia veneziana, con le vicende avventurose e personali dei suoi eroi, a partire da Andrea Loredan, figlio del Doge finito a remare sulle galere.

Memore della lezione di Umberto Eco, Furno ha scritto un libro fitto di intrighi, di colpi di scena, ma anche di istanze libertarie. Perché i suoi eroi si battono per salvarsi, per avere giustizia, ma soprattutto per conservare il diritto di leggere i libri che vogliono, di pensare liberamente in un mondo che va oscurandosi per l’intransigenza religiosa.

Bisogna aggiungere che il terzo protagonista, dopo la città e Loredan, è il vetro del titolo. Perché l’avventura e la storia si intrecciano con la sapienza dei mastri vetrai muranesi, capaci di racchiudere un mondo, nelle loro produzioni, tanto da diventare in tutto il mondo i signori della nuova arte. Ecco, come tutti i romanzi riusciti, “Vetro” riesce a mescolare bene i suoi ingredienti, esattamente come fanno i vetrai per conservare la trasparenza.

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