L’arteria non fu “bucata” assoluzione per tre medici

Scagionati dalla perizia il responsabile dell’Unità del rachide Fabris Monterumici con i colleghi Costantini e Lo Scalzo, imputati per il decesso di una paziente
Di Cristina Genesin
In una foto d'archivio, al lavoro in sala operatoria , Paolo Iannelli, il primario di ortopedia dell'ospedale "Cardarelli" arrestato, 6 marzo 2012, a Napoli durante un'operazione di Nas..ANSA / CESARE ABBATE
In una foto d'archivio, al lavoro in sala operatoria , Paolo Iannelli, il primario di ortopedia dell'ospedale "Cardarelli" arrestato, 6 marzo 2012, a Napoli durante un'operazione di Nas..ANSA / CESARE ABBATE

A quasi sei anni dall’avvio dell’inchiesta, sono stati assolti “perché il fatto non sussiste” il dottor Daniele Fabris Monterumici, responsabile dell'Unità di chirurgia del rachide dell'Azienda ospedaliera, e i colleghi Sandro Costantini e Vincenzo Lo Scalzo, tutti difesi dalla penalista Barbara Bisinella. Nessuna responsabilità penale per la morte di Rosanna Sabbatini, cinquantunenne di Pescia, in provincia di Pistoia, spirata il 17 dicembre 2008, poche ore dopo un intervento di artrodesi che consiste nel fissare delle barre di titanio alla colonna vertebrale, per raddrizzarla, agganciandole a viti ancorate alle vertebre.

Un intervento complesso e ad alto rischio perché, nel caso della signora toscana, si trattava anche di rimuovere le vecchie barre applicate nel 1970 “scoprendo” tutta la colonna vertebrale con rischi di sanguinamento. La sentenza è stata pronunciata dal giudice monocratico di Padova, Elena Lazzarin che, entro 90 giorni, depositerà le motivazioni. Nessun errore durante la delicata operazione. Nessuna negligenza da parte dell’équipe guidata dal dottor Fabris Monterumici, come era stato ipotizzato dalla procura. Determinante la perizia affidata dal giudice al professor Franco Tagliaro, docente all’Università di Verona e direttore dell’Unità operativa complessa di medicina legale: il cattedratico ha smentito la consulenza tecnica sulla quale si fondava l’accusa di cooperazione in omicidio colposo a carico dei tre medici. Consulenza che ipotizzava come, nella zona lombo-sacrale della pazinte, l'arteria ipogastrica destra (il vaso sanguigno che deriva dall'arteria iliaca comune) fosse stata perforata da una vite fuoriuscita dall'osso di tre millimetri e mezzo durante la manovra di fissaggio. Ecco “l’errore” che avrebbe provocato l’inarrestabile emorragia, nonostante un estremo tentativo di salvataggio con un secondo intervento messo a punto dall’équipe di Chirurgia vascolare. Il professor Tagliaro è stato chiaro: quella lesione al grosso vaso arterioso era un artefatto post mortem, una lesione frutto della manipolazione durante l’esame autoptico del corpo o in laboratorio. Tanto che nel corso dell’autopsia non era stato rilevato alcun danno a quel pezzetto di arteria. Corretto l’intervento di artrodesi. Di certo, era più delicato del solito prevedendo la rimozione di precedenti placche. Da qui l’altissimo rischio per la paziente. La famiglia di Rosanna Sabbatini non si è costituita parte civile: da tempo aveva raggiunto un accordo economico con la compagnia assicuratrice dell’Azienda ospedaliera.

La 51enne era affetta da una grave forma di scoliosi. Con il peggioramento delle condizioni (camminava a fatica), aveva deciso di sottoporsi a una nuova operazione. Uno specialista dell'Istituto don Gnocchi di Firenze le aveva consigliato il centro padovano e, in particolare, il dottor Fabris. Il 16 dicembre 2008 il ricovero, l'indomani l'intervento programmato. Qualche ora dopo l’uscita dalla sala operatoria, l’emorragia e il nuovo intervento. In serata la morte.

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