Le celebrazioni nel segno del predicatore Antonio

Era il Santo della parola, Antonio da Lisbona, predicatore dal carisma eccezionale. E la conferma di questa sua qualità singolare sarebbe il “miracolo della lingua incorrotta”, ovvero del ritrovamento dell’apparato vocale perfettamente integro a 32 anni dalla sua morte l’8 aprile 1263. Quest’anno ricorre il 750° anniversario della scoperta in occasione della traslazione del corpo del “Santo dei miracoli”. Le iniziative, solo in minima parte già fissate, saranno numerose nel corso dell’anno per concludersi nel febbraio 2014.
Gli appuntamenti.
Il più vicino, in ordine di tempo, è l’1 marzo (ore 20.45, Sala dello Studio teologico della Basilica di Sant’Antonio) con la presentazione del volume “Parole e segni potenti, un’antologia di testi ispirati al Santo” curato da Giorgio Laggioni e Andrea Massarin (partecipano gli autori e il rettore della Basilica padre Enzo Poiana). Poi la sera del 12 giugno non ci sarà più la sacra rappresentazione del transito del Santo da piazzale Azzurri d’Italia al santuario Antoniano dell’Arcella (in origine chiesa del convento di Santa Maria de Cella) dove Antonio morì, ma un solenne corteo storico dall’Arcella alla Basilica, mentre la sera del 6 maggio (in sede da definire) è programmato un concerto d’organo in contemporanea con la cattedrale di Notre Dame e altre chiese mariane (la Basilica padovana fu eretta sul luogo dell’antica chiesetta del convento S.Maria Mater Domini). «La Veneranda Arca di Sant’Antonio metterà il massimo impegno per valorizzare l’anniversario di grande significato spirituale con rivolti storici e culturali» spiega il presidente-capo della Veneranda Arca, Gianni Berno, «Un anniversario destinato a rappresentare uno dei segni che meglio incarnano il Santo, perché la lingua richiama la parola»
La ricorrenza.
Il 13 giugno 1231 Antonio stava morendo. «Quel giorno i confratelli decisero di trasportarlo da Camposampiero a Padova sopra un carro trainato da buoi» rievoca il professor Leopoldo Saracini della Veneranda Arca, «Antonio era già molto venerato e, per evitare resse di fedeli, il carro si fermò nel primo convento francescano alle porte della città nella contrada di Capodimonte (l’Arcella)». Morì alla sera: seguirono cinque giorni di contesa per accaparrarsi le spoglie del Santo (così sarà proclamato a Spoleto il 30 maggio 1232 da papa Gregorio IV°) trasferite nella Chiesa S.Maria Mater Domini dentro le mura. «Nel 1256 la città fu liberata dalla tirannide di Ezzelino da Romano e i padovani attribuirono quel fatto a un miracolo di Antonio. Terminati i lavori, si decise di traslare il corpo del Santo in Basilica» ricostruisce Saracini, «Fu allora che il ministro generale dell’Ordine dei Frati minori conventuali, Bonaventura da Bagnoregio, eseguì una ricognizione dei resti e, fenomeno del tutto inconsueto, scoprì che la lingua e l’apparato fonico di Antonio erano integri». Da lì nacque una devozione per le due reliquie «portate in processione affinché Sant’Antonio parli ancora alla città e al mondo».
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