«Le morti improvvise degli sportivi patologie che sfuggono ai test di routine»

PADOVA
La morte di un giovane, a maggior ragione se si tratta di un atleta, è sempre una notizia che sconvolge e a cui sembra impossibile trovare una spiegazione sensata. Eppure esistono patologie che ancora sfuggono ai controlli di routine. Altre si trasmettono per via ereditaria, e non è sempre facile individuarle.
«In questi casi si segue una procedura precisa, che parte sempre dall’autopsia» spiega la professoressa Cristina Basso, direttrice dell’Unità di Patologia cardiovascolare dell’azienda ospedaliera di Padova. Basso si è già occupata di alcuni casi molto noti, come quello del capitano della Fiorentina Davide Astori e del calciatore del Livorno Piermario Morosini, scoprendo in quest’ultimo una nuova variante della cardiomiopatia aritmogena. Nelle prossime ore, la sua unità sarà coinvolta anche nel caso del giovane di San Giorgio delle Pertiche. «C’è un protocollo generale» precisa «mirato innanzitutto a chiarire le cause della morte. Si svolgono tutti i test necessari, e poi si va a vedere la storia clinica. A volte un atleta risulta sano semplicemente perché soffre di una patologia che sfugge agli esami di accertamento: le malattie che “scappano”, legate ad esempio alle coronarie, ormai non sono molte, ma ce ne sono. Ed è evidente che, se da un primo controllo risulta tutto perfettamente in regola, il medico non ha motivi per indagare oltre. In giovanissima età, tuttavia, quasi la metà di queste morti si devono alle cardiomiopatie ereditarie. Spesso l’elettrocardiogramma non le vede, soprattutto se sono in fase d’esordio. Per individuarle servirebbero esami molto sofisticati: se c’è il dubbio che la morte di un giovane sia dovuta a queste patologie ereditarie, è necessario svolgere queste indagini anche su altri familiari, genitori o eventuali fratelli o sorelle. Queste» sottolinea Basso «sono solo generiche procedure, ma il caso del giovane venuto a mancare nelle scorse ore è ancora tutto da studiare e qualunque ipotesi risulterebbe azzardata». Le statistiche tuttavia, come accennato dalla professoressa, parlano chiaro: secondo uno studio realizzato dall’università di Padova in collaborazione con la Regione Veneto, su un totale di 700 atleti sotto i 40 anni, deceduti nello stesso periodo per morte cardiaca improvvisa, la cardiomiopatia aritmogena ha inciso per il 27%, una frequenza cinque volte superiore se confrontata con chi soffre della stessa patologia ma non pratica sport a livello agonistico. ––
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