Le note di Monk salutano il jazzista Enzo Carpentieri

All’arrivo del feretro di Enzo Carpentieri sul sagrato di Santa Giustina la dolente “Blue Monk” e “Bemsha Swing” di Thelonious Monk suonate dai fiati dell’improvvisata brass band di jazzisti padovani e altri venuti da mezza Italia, quelli della sua generazione. Tutti quelli che da adolescenti ascoltavano il jazz al dimenticato Palatenda o al palazzetto dell’Arcella e al vecchio Pio X e poi sono andati in giro per il mondo a suonare, ad ascoltare e a portare in città il meglio degli artisti e delle avanguardie di questo genere ormai non più di nicchia.
Gente come Enzo Carpentieri, 63 anni, morto la notte di mercoledì, che solo una settimana fa al Liviano fa aveva aiutato a smontare gli strumenti del primo concerto stagionale del Centro d’Arte.
Sul sagrato della Basilica centinaia di persone, amici e conoscenti. E c’era tutto questo popolo di appassionati, musicisti, organizzatori, facchini e a volte tutte e quattro le cose assieme ad aspettare per salutare Enzo e a circondare d’affetto la sua famiglia, la moglie Sara, le due sorelle e i nipoti. Un secondo colpo tremendo per questa famiglia. Appena 25 giorni fa Enzo aveva accompagnato il feretro della mamma, Marisa Rampazzo, per l’ultimo saluto. Musica pure durante la messa, non solo quella sacra prevista dell’Ave Maria ma l’esecuzione dell’Hallelujah di Leonard Cohen e nel finale Total Praise di Smallwood cantata in coro. I ricordi dei nipoti della sua allegria e la capacità di raccontare storielle e l’elogio di Aisha Ruggieri chiesto dalla moglie Sara.
Don Federico ha recitato la parabola dei talenti per dire che Enzo il suo non l’ha sprecato. E all’uscita ancora note con “Take the A train” di Ellington per salutare con un sorriso, nel sole del Prato della Valle, Enzo Carpentieri.––
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