Le perle di vetro eco di un suono venuto dall’infanzia

Il 19 marzo esce il nuovo libro di Antonia Arslan E la saga armena non si fermerà qui
Di Adina Agugiaro

di Adina Agugiaro

“Il rumore delle perle di vetro”, quel fruscio iridescente e chiacchierino della tenda che s’apriva e richiudeva alle spalle dei clienti del bar di Via Altinate, al pianoterra di casa Arslan a Padova. Associato allo sguardo indagatore del signor Giacomini della tabaccheria accanto. Impressioni visive e uditive così persistenti nell’immaginario dell’infanzia di Antonia Arslan, da suggerirle da adulta il titolo del suo ultimo libro. Che in uscita per Rizzoli il 19 marzo, dopo “La masseria delle allodole” e “ “La strada di Smirne”, prosegue la saga armena della scrittrice padovana. Un successo mondiale, che ha riattualizzato le ferite del genocidio del popolo, da cui trae origine la famiglia paterna di lei.

Il 24 aprile saranno cent’anni dal tragico evento, ma un secolo non è bastato alla Turchia nazionalista per riconoscerlo e il milione di Armeni trucidati non ha ancora trovato giustizia. “Il rumore delle perle di vetro” non tratta vicende da testi di storia ma è, rispetto ai primi due libri, un più breve romanzo di formazione. Il ricordo vivo e palpitante a partire dall’oggi in un continuo flash- back di una grande famiglia padovana, anzi di due: perché ci sono anche i Marchiori del Basso Polesine, da cui proveniva mamma Vittoria e che con gli armeni ormai italianizzati avevano realizzato un felice incontro. Nonni, genitori, zii, bambini, dipanano lungo le pagine le vicende liete e tristi delle loro vite, raccontate dalla scrittice con un lessico familiare accattivante. Non di rado l’esercizio del ricordo ha fatto risalire in superficie zone d’ombra e illuminato rapporti e affetti fino a quel momento sottovalutati o fraintesi.

L’inizio è un lampo nel buio. non più quello delle bombe su Padova nella notte, ma il ritorno della luce elettrica in città, che cancella le angosce della guerra. Poi, capitolo per capitolo, la scuola, le amicizie infantili, la scoperta di letture importanti ma premature per una bimba di 11 anni e, più avanti, quella dell’amore. Fino alla fine degli anni ’60.

Cosa significa parlare di sé? «Persino scoprire le origini di preferenze prima ignote» dice Arslan «come la passione per il viola e per le tovaglie a quadretti». Tra le figure protagoniste, due dominano nel sentimento: «La mamma bella e impegnativa, che scrivendo ho compreso meglio, e quella possente di nonno Yervant, cui nessuno in famiglia osava dire di no e che era dotato di gran fascino, se una nobildonna de Besi aveva dichiarato in famiglia: o lui o il convento. Ho scoperto che prima della guerra era stato consigliere comunale a Padova nelle fila del Partito Popolare di don Sturzo».

Nel libro sono descritti i luoghi del cuore, le villeggiature: Jesolo, dove accadono episodi che hanno dell’incredibile. Susin di Sospirolo, la montagna. Dove i Marchiori posseggono una casa e dove nell’estate dagli 8 ai 9 anni Antonia, guarita da Yervant da una grave malattia, giunge con lui in convalescenza in albergo. Settimane in cui il nonno, avvertendo non lontana la fine, le racconta la storia della Masseria e dei suoi abitanti: zio Sempad, la loro mamma “dalle belle gote”, i bambini. Un passaggio del testimone da nonno a nipotina, con il tacito accordo che lei non avrebbe dimenticato.

Ora che la promessa è stata mantenuta, Arslan ha compreso il valore euristico e terapeutico del dar parole alla biografia della famiglia e alla propria. «Il romanzo si ferma a una lunga estate in Grecia, con Paolo. Un punto fermo, che però lasciava fuori tanto ancora da raccontare».

Un quarto libro ci sarà, ma ora è il momento di questo, è il momento di ascoltare “Il rumore delle perle di vetro”.

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