L’eccidio nell’aprile del 1945 24 civili fucilati dai tedeschi

gli ultimi secoli
Esiste peraltro, a Santa Giustina in Colle, pure un’espressione molto più semplice e popolare, durata fino ad epoca recente: quella dei cosiddetti “alberi sacri”, piante cioè dai rami piegati a ombrello su cui vengono appese immagini della Madonna e dei santi; per dare loro quella forma particolare, si esegue una particolare potatura nel giorno in cui cade la festa di Sant’Apollonia, in pratica verso l’inizio della primavera.
I secoli del dominio veneziano e delle presenze francese ed austriaca passano senza lasciare particolari segni e testimonianze in paese. Una figura di spicco è quella di Girolamo Tergolino, che prima si mette a capo della protesta contro l’Austria, e poi - dopo il passaggio del Veneto con il regno d’Italia - diviene il primo sindaco del paese. La vita rimane comunque dura, e anche Santa Giustina in Colle dà il suo pesante contributo all’ondata migratoria che a fine Ottocento svuota il Veneto. Solo nel secondo dopoguerra lo sviluppo economico dell’Alta Padovana, all’interno del boom del modello Nordest, rilancia il paese anche con la presenza di significativi insediamenti industriali. Ma prima c’è spazio per una delle pagine più tragiche della seconda guerra mondiale nel Padovano: l’eccidio per rappresaglia sul sagrato della chiesa, a opera dei nazisti, di 24 civili inermi, tra cui lo stesso parroco e il cappellano. Un evento ricordato oggi dalle lapidi apposte sul muro di cinta della parrocchiale.
Tutto comincia nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1945, quando la guerra è giunta ai suoi giorni conclusivi: i partigiani assalgono il presidio tedesco, svaligiando depositi e magazzini, e innalzano la bandiera tricolore sulla casa del fascio e sulla scuola elementare. La mattina seguente un gruppo di loro, rinforzato dai garibaldini della vicina Villa del Conte, si presenta a villa Custoza per chiedere la resa di un nutrito contingente tedesco che vi si è asserragliato; il comandante rifiuta, vi sono nuovi scontri nei quali rimane ucciso un militare tedesco e un altro rimane ferito. Il giorno dopo, 27 aprile, grazie anche a rinforzi giunti dai centri vicini, i tedeschi riprendono il controllo del paese e passano al setaccio le abitazioni, portando sul sagrato della chiesa 22 persone; poi prendono anche il parroco don Giuseppe Lago e il cappellano don Giuseppe Giacomelli. Don Lago si offre in ostaggio per tutti, chiedendo di risparmiare la vita degli altri e di venire fucilato al loro posto (“nessuno di loro è colpevole; se volete una vittima, uccidete me!”, implora rivolto al comandante); ma i nazisti ammazzano l’intero gruppo, tra cui cinque ragazzi di soli 17 anni. L’ultima barbarie. —
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