Lo psichiatra di Parte: «Tso ingiustificato, Mauro Guerra non era pericoloso»

SANT’URBANO. «Mauro era in preda a una fase euforica di disturbo bipolare, con sintomi psicotici come il delirio. Ma non era pericoloso: non c’erano le condizioni d’urgenza per un Tso, che peraltro è stato effettuato andando contro la normativa nazionale e le linee guida regionali».
Ne è convinto il dottor Ermanno Arreghini, il consulente psichiatrico incaricato dalle parti civili (avvocati Alberto Berardi e Fabio Pinelli) nell’ambito del processo per la morte di Mauro Guerra, il 32enne ucciso il 29 luglio 2015 a Sant’Urbano da un colpo di pistola esploso dal maresciallo Marco Pegoraro, accusato ora di eccesso colposo di legittima difesa. Arreghini è stato ascoltato ieri dal giudice Raffaele Belvederi assieme a Luca Massaro, medico legale incaricato dalla difesa (avvocato Stefano Fratucello).
Due gli aspetti evidenziati da Arreghini, medico psichiatra che ha avuto a che fare con decine di Trattamenti sanitari obbligatori: Mauro non era pericoloso in quel 29 luglio e il Tso è stato condotto contro le basilari norme che regolamentano queste attività.
«Durante tutta la giornata, dall’ingresso in caserma alla fuga, Mauro ha sempre avuto un atteggiamento di sottrazione» ha spiegato Arreghini «Il gesto aggressivo è arrivato al termine di un percorso estremamente stressante – il cancello chiuso in caserma e la necessità di scavalcare, le lunghe trattative, la presenza di più negoziatori, il vedersi attorniato da numerose persone, il tentativo di sedazione e poi la corsa per centinaia di metri – e solo quando Mauro si è reso conto che non poteva più sottrarsi».
E ancora: «Il suo è un delirio grandioso, di chi si sente onnipotente, ma non persecutorio. Non era pericoloso e dunque non c’erano gli estremi per il trattamento d’urgenza». Arreghini contesta inoltre il modo di attivazione del Tso: non solo l’iter legale scorretto (non c’era un’ordinanza del sindaco), ma anche il mancato coinvolgimento nella mediazione del personale medico e soprattutto di professionisti psichiatrici.
Luca Massaro, medico legale, ha invece evidenziato altri due aspetti: la morte di Guerra sopraggiunta a un’ora e un quarto dallo sparo e l’effettivo rischio corso dal brigadiere che Guerra stava picchiando.
«La morte del 32enne non è stata immediata: alle 15.18 c’è il primo intervento del medico che è già sul posto. Gli unici parametri che preoccupano sono quelli della saturazione e del respiro: 75% il primo e 40 il secondo, quando una persona normale dovrebbe riportare 98-99% e 12-18. Gli scambi respiratori sono insufficienti. Alle 16 arriva l’eliambulanza, il sangue è in faringe, la saturazione è a 80%, il respiro a 50. Avviene l’intubazione e alle 16.21 cominciano le manovre rianimatorie. Alle 16.30 viene constatato il decesso. Perché non è stato portato via subito da quel campo? Evidentemente si cercava di stabilizzarlo, per trasferirlo in una struttura che fosse pronta a curare una ferita da arma da fuoco».
Massaro ha quindi analizzato la scena dell’aggressione al brigadiere, immobilizzato a terra dal peso di Guerra, illustrando con i filmati i quattro colpi sferrati in 6 secondi dal 32enne.
A sostegno delle violenza di quei pugni Massaro ha mostrato le foto scattate alla mano di Guerra in obitorio: due ferite alla nocca del terzo dito e al quinto dito confermerebbero almeno due pugni andati a segno.
Ha quindi approfondito la percezione di Pegoraro di fronte a quella scena (con tanto di contestazione dei legali di parte civile per aver utilizzato anche commenti Twitter e Facebook successivi alla visione dei filmati nel corso della trasmissione Chi l’ha visto?), sottolineando che la ferita al fianco sinistro è compatibile con la volontà di colpire il braccio sinistro di Guerra.
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