Malattia batterica, il vaccino per prevenire

L’infiammazione delle meningi può essere di sei tipi, il più aggressivo e pericoloso è il “C”
La meningite da meningococco è una malattia batterica acuta che colpisce il sistema nervoso centrale. È caratterizzata dall'infiammazione delle meningi (le membrane protettive che ricoprono il cervello e il midollo spinale). Esistono diversi ceppi del batterio meningococco: A, B, C, Y, W135, X. Il più aggressivo è il meningococco C, che insieme al B è il più frequente in Italia e in Europa. Il meningococco è presente normalmente nell’apparato respiratorio di circa il 4,5% dei bambini, 23% degli adolescenti e 10% degli adulti. Questi soggetti vengono chiamati “portatori sani” perché non mostrano alcun sintomo, ma possono trasmettere la malattia attraverso respiro, tosse, starnuti, condivisione di giochi o altri oggetti su cui siano cadute goccioline di saliva. Il periodo di incubazione è in media di 3-4 giorni. I sintomi da meningite sono comparsa improvvisa di febbre, mal di testa e rigidità del collo. Sono spesso accompagnati da nausea, vomito, fastidio alla luce e stato mentale alterato. Lo stadio più grave e preoccupante è la setticemia, che sopraggiunge quando l’infezione si diffonde al sangue. La setticemia si presenta nel 5%-20% delle infezioni invasive da meningococco. Questa condizione è caratterizzata da insorgenza improvvisa di febbre ed eruzioni cutanee, bassa pressione arteriosa, choc e insufficienza multi-organo. Secondo l’Istituto superiore di sanità, nel 2015 e nel 2016 si sono verificati in Italia poco meno di 200 casi di malattia invasiva da meningococco, la maggior parte dei quali causati dai sierogruppi B e C. La vaccinazione è lo strumento più efficace per la prevenzione delle meningiti batteriche. In Italia sono disponibili diversi vaccini contro batteri che possono provocare meningite: contro l’emofilo di tipo B, contro lo pneumococco e contro il meningococco. Quando si individua un caso di meningite, per scegliere le misure di profilassi più adeguate, è necessario individuare in laboratorio con quale tipo di germe si ha a che fare. Poi occorre identificare coloro che hanno avuto contatti stretti con l’ammalato nei 10 giorni precedenti la diagnosi e sottoporli a chemioprofilassi o sorveglianza sanitaria.


Elisa Fais


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