Maschio Gaspardo sotto scacco: serve il via libera di 24 banche

A dicembre è scaduto l’accordo sull’esposizione debitoria da 240 milioni. E sul gruppo volteggiano i fondi, interessati a sfilare il controllo alla famiglia

PADOVA. Un salvataggio sul filo, una famiglia che crede nell’azienda, un intero territorio pronto a sostenerla, 24 banche da mettere d’accordo, una pletora di fondi pronti ad entrare più o meno aggressivamente nel capitale.

Maschio Gaspardo, media azienda industriale del Nordest, storia esemplare di un territorio che dalla povertà rurale è stato in grado di trasformarsi in epopea imprenditoriale è tutto questo. Ma è anche la dimostrazione che la morte delle due ex Popolari venete rischia di compromettere gravemente la stabilità di quella che è ancora la locomotiva italiana.

La Maschio produce macchine agricole, ha una gamma completa che va dalle mega fresatrici per i grandi appezzamenti dell’Europa Orientale fino agli atomizzatori per la cura delle piante da frutto e i vigneti.

Esposizione internazionale solida in mercati a forte sviluppo della meccanizzazione agricola, Cina, India e appunto est europeo, oltre 300 milioni di fatturato (nel 2018 ha chiuso con il record storico di 336 milioni di euro), 2 mila dipendenti di cui 1200 in Italia, tra Veneto, Friuli e Lombardia.

Nel 2015 dopo una crescita impetuosa, e un po’ disordinata, molte acquisizioni per ampliare lo spettro delle macchine agricole, le banche iniziano a fare pressione per l’eccessivo indebitamento.

I ricavi erano a 324 milioni, l’Ebitda a 31 milioni, la Pfn a 240 milioni. Esposizione eccessiva per aver salvato molte aziende più piccole, consolidando l’aspetto industriale ma anche il debito dei gruppi comprati. Il ceto bancario chiede una spinta manageriale, impone più o meno velatamente un amministratore delegato e chiede una ristrutturazione.

Egidio Maschio, fondatore insieme al fratello Giorgio del piccolo miracolo industriale, colui che da una stalla aveva costruito con le sue mani la prima fresa fino a portare questo gruppo in tutto il mondo, si sente di aver fallito. Il peso di questa responsabilità lo schiaccia e una mattina, nella sua azienda a Cadoneghe, si toglie la vita. L’aspetto umano, personale, di questa vicenda potrebbe essere taciuto, ma descrive in maniera talmente tragica l’attaccamento di un imprenditore alla sua creatura da farne un tassello fondamentale della storia.

I figli di Egidio, Mirco e Andrea, prendono in mano l’azienda e la guidano in una ristrutturazione molto dura. In quattro anni la posizione finanziaria arriva a 183 milioni di euro, i ricavi raggiungono i record, l’Ebitda è a quota 29 milioni, alle banche vengono rimborsati 56 milioni di capitale e 44 milioni di interessi. Un’azienda che paga, che sta pagando.

Ma a fine 2018 la convenzione con il ceto bancario va rinnovata, a novembre le finanziarie regionali Friulia (già nel capitale con il 14%), Veneto Sviluppo e Finest sono pronte a sostenere l’azienda con un aumento di capitale da 20 milioni di euro, elevabile fino a 25 milioni. Ma la conditio sine qua non è l’ok degli istituti di credito, che sono tanti, alcuni piccoli, altri più grandi, le regole sul buon credito cambiano a seconda che la vigilanza sia europea o italiana.

L’esposizione media è di 10 milioni di euro e tra loro c’è anche Sga, la società controllata dal Tesoro che ha gli Utp di Bpvi e Veneto Banca in liquidazione coatta amministrativa. I fondi iniziano a girare attorno ad un boccone molto interessante, forte sul lato industriale, più fragile su quello finanziario.

La crescita va sostenuta e quando corri molto a volte la spinta rende squilibrato l’aspetto finanziario. I fondi di private debt, private equity e specializzati nel turnaround industriale ci sono pressoché tutti. Uno di questi, Dea Capital, si muove più aggressivamente degli altri, i suoi fondi funzionano comprando il credito delle banche e quindi iniziano a sondare la disponibilità delle banche per acquisire quello della Maschio Gaspardo.

Nel frattempo, non autorizzate, vengono divulgate informazioni finanziarie riservate che consentono un avvicinamento ostile all’azienda con inevitabili strascichi legali. I figli di Egidio rafforzano la presa sull’azienda acquistando la quota dello zio Giorgio e chiamano un manager come Luigi De Puppi, ex ad di Zanussi-Electrolux, di Toro Assicurazioni e di Benetton Group. Vogliono dimostrare che l’azionista ci crede, che vuole continuare. Non è stato finora sufficiente.

Da dicembre un gruppo che vende in tutto il mondo è senza accordo con le banche, in un regime di proroga de facto del credito. Basta uno, uno solo, per staccare la spina. La Maschio Gaspardo potrebbe ricorrere al concordato in continuità, è guidata da un manager di enorme esperienza e quindi ha un timoniere in grado di guidarla. Ma i figli di Egidio vivrebbero questo come uno smacco, non se la sentono.

Potrebbero affidarsi ad un cavaliere bianco, che c’è è già alla porta pronto ad intervenire, ma significherebbe perdere presa sull’azienda. Sullo sfondo troppe banche, nessuna che voglia o possa (almeno finora) prendersi la responsabilità di consolidare quel debito e ridare ossigeno all’azienda.—


 

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