Massive Attack di suoni metropolitani

PIAZZOLA SUL BRENTA. È la musica dei bassifondi metropolitani quella forgiata dai Massive Attack, dominata da pulsazioni ipnotiche e alienanti, impreziosita da resistenze soul e slanci di tenebrosa sensualità. I dischi della band di Bristol, cinque in vent’anni, sono distillati di ricerca e buon gusto. Le vibranti forme d’onda che compongono ogni brano sono studiate al millimetro per scavare nei propri incubi, alimentando piccole e costanti rivoluzioni interiori. Quel suono inconfondibile è il risultato di un’irrisolta tensione tra uomo e macchina, tra l’inclusione sociale e i “distinguo” culturali tipici del melting pot.
L’elettronica calda dei Massive Attack sarà protagonista questa sera nel secondo appuntamento con l’Hydrogen Festival a Piazzola sul Brenta.
Come si presentano oggi i reduci di quel progetto che, nel cuore degli anni ’80, prese vita assumendo le sembianze di sound system e collettivo artistico musicale?
Robert “3d” del Naja e Grant “Daddy G” Marshall (Andrew Vowles soprannominato “Mushrooms” si staccò dopo il terzo disco) accompagnati sul palco da una vera e propria live band, amministrano con coerenza i risultati della loro antica formula magica. Nei primi anni ’90 il sound meticcio dei Massive Attack fece breccia sia negli ambienti underground sia nel circuito commerciale. Attribuire la paternità di nuovi stili musicali è sempre un esercizio pericoloso. Per il trip-hop, però, ci sono pochi dubbi. Quel mix tra reggae-dub e suadente elettronica, hip hop gentile e pop-soul, perfetto per attraversare atmosfere notturne e nebbie di fumo, è assolutamente frutto dell’audacia compositiva della band di Bristol, che seppe tradurre in musica i fermenti culturali diffusi in molte città. I rullanti carichi di riverbero, le linee di basso poderose e regolari, i filtri maneggiati con destrezza, quei tocchi morbidi di sintetizzatore jazzato tra suoni obliqui e melodie sognanti, nel giro di pochi anni passarono dagli ascolti nelle camere di decompressione post-rave, nell’epoca dell’acid culture, ai remix da aperitivo a bordo piscina, quelli del divertimento massificato, uguali nei club di Formentera, nelle Baleari, come in quelli di Mykonos nelle Cicladi, dall’altra parte del mediterraneo.
Ma i Massive Attack, che non hanno mai gradito la definizione di trip-hop, con tutto questo hanno poco a che vedere. Dopo aver creato involontariamente le derivazioni lounge e chill-out, hanno anche saputo cambiare rotta per rivendicare la loro vera appartenenza al “Bristol Sound”, lo stesso che, nel frattempo, aveva prodotto altre perle impareggiabili come i Portishead. Dopo Blue Lines (1991) e Protection (1994) arriva così la sublime e intima oscurità di “Mezzanine” (1998) che allarga ancora di più la schiera di collaborazioni, introduce chitarre distorte e scenari dark. Già, perché se fu rivoluzionario il suono, vale altrettanto anche per l’approccio. Stiamo parlando di una band costantemente aperta a contributi esterni (oggi li chiameremmo producer): si va dall’inquieto rap ad alta tossicità di Tricky alla mistica voce androgina del giamaicano Horace Andy, dalle melodie black di Shara Nelson alla voce onirica Elizabeth Fraser (dei Cocteau Twins) che regala la superba “Teardrop”, passando per Sinead O’Connor, Mad Professor e Burial.
I geni mutanti di Bristol non perdono occasione per ribadire dove sono le loro radici (afro-caraibiche e anche un un po’ italiane nel caso di 3d): lo fanno anche con le affascinanti scenografie pacifiste curate dagli artisti del United Visual Artist.
Dopo quattro anni di assenza il pubblico italiano è di nuovo pronto ad un massiccio attacco di suoni metropolitani: un ritorno al futuro che fa battere il cuore. Hydrogen Festival, Piazzola sul Brenta, Anfiteatro Camerini, questa sera alle 21.45. Biglietti da 39 euro.
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