Medici di base sommersi di telefonate «Il problema è gestire il panico da Covid»

Una giornata con Ubaldo Lonardi del centro Arcella: «Abbiamo sviluppato un triage per i casi a rischio, ma è faticoso»
MALFITANO -AGENZIA BIANCHI-PADOVA - INTERVISTA A UBALDO LONARDI
MALFITANO -AGENZIA BIANCHI-PADOVA - INTERVISTA A UBALDO LONARDI

Alice Ferretti / PADOVA

Ogni giorno decine e decine di pazienti chiamano e chiedono risposte. Preoccupati, alcuni anche nel panico. I medici di base, negli ultimi giorni, sono diventati ancor più di prima un punto di riferimento indispensabile per i cittadini. In prima linea collaborano al controllo della diffusione dell’epidemia, contribuendo alla tracciabilità e all’isolamento dei casi. Inutile dire che sono sommersi di lavoro e che adesso che la curva dei contagi sembra essersi impennata sono pronti a mettersi nuovamente a disposizione dei pazienti e del sistema sanitario.

Ubaldo Lonardi, volto noto in città, è uno di questi. È un medico di famiglia che lavora insieme ad altri cinque colleghi nel Centro Arcella Medica (Cam) di via Lippi. Qui le giornate, in questa seconda fase, sono impegnative, tra telefonate e visite. «Stiamo purtroppo vivendo un periodo inaspettato, dove la cosa più difficile è aiutare le persone a non farsi prendere dal panico ma giudicare con criteri oggettivi la possibilità di essere esposti al virus».

SOMMERSI DI TELEFONATE

Le telefonate di persone che chiedono informazioni riguardo a tematiche legate al coronavirus sono tantissime. «Essendo uno studio di cinque professionisti abbiamo una segreteria che per otto ore al giorno risponde al telefono, dà informazioni e fornisce a noi medici l’elenco di persone che vogliono essere contattate per motivi sanitari». Tanti telefonano perché hanno paura di aver contratto il virus: «Situazioni di questo tipo da marzo le trattiamo con il cosiddetto triage Covid. Fondamentali sono i dati anamnestici per capire se la sintomatologia può essere indicativa. Chiediamo se è comparsa la febbre, se ci sono altri casi in famiglia, quali altri sintomi ci sono, se sanno di aver avuto contatti con persone positive e così via. Mettiamo insieme i dati e decidiamo se trattare il caso come sospetto Covid. Se sì scatta il tampone, a domicilio se la febbre è elevata, nei punti tampone oppure qua in studio». Lo studio medico ha infatti a disposizione oltre ai test sierologica rapidi (“pungidito”), che a settembre ha utilizzato per gli insegnanti, anche dei tamponi rapidi antigenici. «Finora ne abbiamo fatti una decina. Di questi due sono risultati positivi. Chiaramente quando accogliamo un caso sospetto per il tampone il medico indossa tutti i presidi di sicurezza e il sospetto caso viene fatto accedere in ambulatorio su appuntamento, quando non c’è nessuno e con percorsi fissi di sicurezza».

ATTIVITà ORDINARIA

Tutto ciò si aggiunge all’attività ordinaria: «Le altre malattie non sono scomparse ma purtroppo spesso vengono sottovalutate». Specialmente da un punto di vista diagnostico: «C’è una sottovalutazione dei sintomi per la paura di accedere al pronto soccorso. Si è registrato un aumento della mortalità media anche per quanto riguarda i tumori, non perché non proseguano le cure, anzi. Ma perché manca tutta l’attività della diagnosi – dice Lonardi – Una delle criticità di questo sistema è lo smart working degli amministrativi nei distretti. Si rallenta tutta la parte la parte burocratica e delle prenotazioni».

E la proposta delle “case di comunità” prevista dal governo? «Nella nostra regione sarebbero inutili – risponde Lonardi – Più si concentra l’accesso delle persone in un unico punto più alta è la possibilità di creare un cluster».

VACCINI ANTINFLUENZALI

Punto attualmente dolente sono i vaccini antinfluenzali. L’Usl al momento ne è sfornita e così anche molti medici di base: «Abbiamo iniziato sabato scorso a fare i vaccini. Per il momento ne abbiamo 350, due terzi di quelli richiesti ma dovrebbe arrivare a breve un’altra tranche» . —

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