Medici di guardia, organici all’osso «In due per più di 118 mila abitanti»

padova
Tanto si è detto di come l’assistenza sanitaria sul territorio abbia fatto la differenza durante l’emergenza Covid 19, alzando un vero e proprio argine a difesa di una minacciosa piena di contagi che avrebbe mandato al collasso gli ospedali. Nell’Usl 6 Euganea l’assistenza sul territorio è garantita da una rete di medici ma anche infermieri, oltre che operatori socio-sanitari. Ciascuno con i proprio compiti e ambiti da gestire. È un sistema che funziona, e lo ha dimostrato. Non è tutto rose e fiori, però. A mettere in crisi la “rete”, rischiando di squarciarla qua e là lasciando filtrare i rischi di un’assistenza meno capillare e puntuale, è la cronica carenza di specialisti. Se da una parte incombe la minaccia di un centinaio di medici di Medicina generale che potrebbero andare in pensione entro un anno, con enormi difficoltà a sostituirli, ad oggi si registra già una carenza di 20 medici di Continuità assistenziale, le cosiddette guardie mediche. Ce ne sono 125 su una previsione di 145. E se è vero che ci sono sedi che contano addirittura più guardie mediche di quante da contratto ne dovrebbero avere, suona l’allarme per quelle che invece sono sotto organico, fino ad avere la metà dei medici previsti.
L’Usl 6 Euganea è la più grande del Veneto con poco più di 930 mila cittadini serviti. L’assistenza sanitaria sul territorio impegna 572 medici di Medicina generale, 14 Medicine di gruppo, 101 pediatri di libera scelta, 186 infermieri domiciliari e 125 medici di Continuità assistenziale, le “vecchie” guardie mediche. «Queste ultime» rileva Flavio Rosada, guardia medica del Distretto Terme-Colli, «coprono il servizio dalle 20 alle 8 nei giorni feriali e dalle 10 dei prefestivi alle 8 del primi giorno feriale successivo, riservandosi le prestazioni sanitarie non differibili. Si va dal consiglio telefonico, alla visita domiciliare, dove presenti vengono garantite anche le visite in ambulatorio, possono effettuare ricoveri, trattamenti sanitari obbligatori emettere ricette per farmaci, certificati di malattia per turnisti e certificati di morte. Il ruolo nell’ambito della “rete” assistenziale è strategico» sottolinea il medico, «rispondono nei festivi e di notte, quando l’unica alternativa in caso di malanno sarebbe quella di andare al Pronto soccorso».
Durante i mesi dell’emergenza Covid i medici di Continuità assistenziale hanno contribuito a infittire la maglia della rete che ha permesso di intercettare e isolare contagi e presunti tali prima che arrivassero in ospedale e intasassero i Pronto soccorso. Questi ultimi, nel 2019 hanno registrato 247.265 accessi, di cui poco più di metà in codice bianco. Per quanti sforzi di efficienza si facciano, l’attesa più o meno lunga, in Pronto soccorso va messa nel conto. E, dato non trascurabile, il Pronto soccorso bisogna raggiungerlo. Mentre la guardia medica corre a visitare il paziente a casa, rispondendo di notte e nei giorni di festa.
«Le guardie mediche nell’Usl Euganea sono 125, ma secondo le norme dovrebbero essercene almeno 20 in più. Precisamente il rapporto fra medico e numero di pazienti è di uno a 5 mila con un tasso di variabilità in più o in meno di circa il 30%» rileva Rosada, «e la situazione nel Padovano è disomogenea da questo punto di vista, con aree super coperte e altre più sguarnite». Il caso che per primo balza agli occhi è quello della sede di Montegrotto che ha 10 guardie mediche a fronte delle 18 previsti da contratto, un meno 44% che va ben oltre la soglia di variabilità del rapporto medico-paziente. Numeri che si traducono nella presenza di due medici per turno per servire un bacino di 118.151 abitanti. E questo al netto delle presenze turistiche che nel bacino termale, in epoca ante-Covid, arrivavano a tre milioni l’anno.
Sul filo del difetto al 30% è la sede di Padova, con 33 guardie invece di 48. Relativamente sotto organico le sedi di Piove di Sacco (1), Camposampiero (2), Cittadella (1), Piazzola sul Brenta (1). La sede di Vigonza 9 dovrebbe aver e 9 ne ha. La tendenza si inverte verso “l’eccesso” nella Bassa padovana: le sedi di Conselve, Este e Monselice hanno tutte un medico in più rispetto a quanto previsto da contratto, 9 invece di 8, e Montagnana ne ha addirittura 9 rispetto a una previsione di 5. La carenza complessiva è di poco più del 13%, dentro l’alveo della tollerabilità”: «È nelle sedi più povere» conclude Rosada, «che questo si traduce in carichi di lavoro evidentemente sproporzionati. —
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