Michele, morto a 5 mesi per gli scossoni. La mamma condannata a 4 anni a Padova

PADOVA.
La vera condanna senza appello era già arrivata. La chiave che aveva serrato la sua prigione di dolore è stata la morte del suo piccolo, vittima delle lesioni provocate mentre, cercando di cullarlo, lo ha scosso con troppa violenza. Il patteggiamento di ieri - quattro anni proposti da accusa e difesa e accolti dal giudice - segnano solo la fine della vicenda giudiziaria. Mentre la tragedia umana resta scolpita nel cuore della mamma del piccolo Michele.
È il 21 dicembre e c’è già il profumo del Natale nell’aria. È notte e il bimbo, un fagottino di cinque mesi, è agitato e continua a piangere. La mamma, trentenne originaria del Vicentino, lo culla a più riprese, per due ore, per cercare di calmarlo. Ma lui non smette di piangere.
Ad un certo punto è il silenzio. Michele è adagiato nella sua culletta e non si muove. Non respira. È la stessa mamma a precipitarsi al telefono per chiamare il 118. I medici del Suem che arrivano nella villetta riescono a rianimare il piccolo che viene trasferito nella Terapia intensiva della Pediatria di Padova. Il quadro clinico è drammatico, le speranze di salvare quella vita sono appese a un filo.
E sulle cause delle lesioni i medici da subito non hanno dubbi: sono state provocate dallo scuotimento del bambino. Tecnicamente quella che viene chiamata shaken baby syndrome. Un fenomeno più diffuso di quanto si possa credere, che procura danni irreversibili nei piccoli sotto i due anni. Michele resiste pochi giorni, il 27 dicembre, il secondo monitoraggio sulla morte cerebrale spezza definitivamente la speranza. La commissione medica non può che constatare la morte del piccolo.
La mamma viene interrogata subito dal pubblico ministero Roberto Piccione, al quale assicura di non aver fatto male al suo bambino, non volontariamente. «L’ho cullato, lui piangeva, forse l’ho cullato troppo forte» dice.
Vengono disposte anche delle intercettazioni ambientali, viene coinvolta la Procura dei minori, anche perché c’è un altro bambino in casa, un fratellino più grande. Nessun segno di maltrattamenti su quest’ultimo, nessuna traccia di traumi precedenti rilevata sul corpicino di Michele quando è stata effettuata l’autopsia. Il pubblico ministero è convinto: si è trattato di una tragica disgrazia.
L’accusa iniziale di lesioni volontarie gravissime, degenerata in omicidio preterintenzionale alla morte del piccolo, viene alleggerita all’esito finale delle indagini con quella di omicidio colposo. La stessa Procura per i minori rileva un quadro familiare sereno, tanto che il fratellino di Michele, temporaneamente affidato ai nonni, fa ritorno a casa da mamma e papà.
Ieri il giudice Maria Luisa Materia ha accolto la richiesta di patteggiamento per la donna, difesa dall’avvocato Leonardo Massaro. È stata concordata una pena a quattro anni. Data l’accusa di omicidio colposo, non andrà in carcere. Espierà la pena ai domiciliari e potrà chiedere l’affidamento in prova. —
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