Minacce al maresciallo che uccise Mauro Guerra

II retroscena emerge nella prima udienza del dibattimento. Gli ultimi istanti del giovane ricostruiti in aula dalla sorella e dalla mamma
Mauro Guerra nel video girato poco prima della tragedia
Mauro Guerra nel video girato poco prima della tragedia

ROVIGO. Sono state le parole della sorella Elena e della madre Giusy a ricostruire quelle ore drammatiche di fine luglio di tre anni fa, quando Mauro Guerra venne ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere.

È durata tutto il pomeriggio di ieri (mercoledì) la nuova udienza al Tribunale di Rovigo. Imponenti, anche in questa occasione, le misure di sicurezza, con la strada di accesso al tribunale transennata e presidiata dalle forze dell’ordine, per scongiurare eventuali disordini, che non si sono verificati. In questa prima udienza sono stati ascoltati tre testimoni, fra i quali due familiari del giovane. In apertura l’avvocato Stefano Fratucello, il legale dell’imputato, il maresciallo Marco Pegoraro, accusato di omicidio con eccesso colposo di legittima difesa, aveva chiesto che l’udienza si tenesse a porte chiuse viste le minacce, anche gravi, che erano state rivolte al suo assistito attraverso una lettera anonima ricevuta nei giorni scorsi. Circostanza che, secondo il legale avrebbe imposto una certa cautela nello svolgimento dell’udienza. Il giudice Raffaele Belvederi però non è stato dello stesso avviso e ha respinto la richiesta, chiamando sul banco dei testimoni Elena Guerra, sorella di Mauro, e la madre Giusy. Entrambe erano presenti nell’abitazione in cui, per oltre un’ora e mezza, i carabinieri tentarono di calmare il giovane, di sedarlo e di convincerlo a fare tappa in ospedale, tanto che erano stati allertati il Suem e uno psichiatra dell’ospedale di Schiavonia e sul posto era arrivata un’ambulanza.

La madre e la sorella di Mauro Guerra in aula
La madre e la sorella di Mauro Guerra in aula


Ma poi Mauro scappò, seminudo e disarmato, e venne raggiunto dai militari in un campo di mais. Venne immobilizzato da un carabiniere, contro il quale Mauro sferrò alcuni pugni per divincolarsi, colpendolo con la manetta che gli era stata messa ad un polso. Il maresciallo Marco Pegoraro, 42 anni, ritenne che il collega stesse rischiando la vita: sparò prima tre colpi di avvertimento in aria, poi un altro, mortale, verso il giovane.



Nella sua testimonianza la sorella Elena ha raccontato che quella mattina del 29 luglio di tre anni fa Mauro le era sembrato abbastanza tranquillo: «Prima dell’arrivo dei carabinieri avevamo parlato del più e del meno, di chi sarebbe venuto a pranzo, ad esempio. In seguito ho sentito i carabinieri accennare più volte al fatto che volevano ricoveralo e questo ha messo in allarme mio fratello, il quale ribatteva che non avevano mandato per portalo in ospedale contro la sua volontà».

Elena ha raccontato anche il drammatico momento della fuga, dicendo che Mauro era stato inseguito da almeno 10 carabinieri e tre operatori sanitari. Ha riferito che dopo il colpo di pistola il primo carabiniere che le ha fornito informazioni ha affermato che Mauro era stato colpito di striscio e che stavano aspettando l’elicottero del 118. Invece Mauro ormai era già morto. La madre Giusy nella sua deposizione si è concentrata su un dettaglio: ha smentito categoricamente di essere stata lei ad aver chiesto ai carabinieri l’assistenza e l’intervento per il figlio.

Ha parlato anche il maresciallo Pegoraro, il quale ha rigettato ogni accusa di aver usato parole fuori luogo nei confronti di Guerra. L’udienza è stata rinviata al 3 ottobre, quando a salire sul banco dei testimoni saranno il padre e il fratello di Mauro. —




 

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