Moraglia sui preti delle orge: «Comportamenti inquietanti e disumani»

VENEZIA. Parole durissime. Contro i “preti dello scandalo” per i loro comportamenti «non umani». Il Patriarca di Venezia non ha fatto sconti. E ha chiesto che la verità venga appurata. Tutta. Per capire come sia potuto accadere.
Duplice appuntamento, ieri, in laguna per la festa del patrono dei giornalisti San Francesco di Sales: alle 11 la messa nella cripta di San Marco presieduta da padre Federico Lombardi, giornalista e sacerdote gesuita, direttore della Sala stampa vaticana e alle 11,45 a Sant’Apollonia l’appuntamento con il Patriarca Francesco Moraglia, presidente della Conferenza episcopale del Triveneto. Che tra gli argomenti attuali ha affrontato, appunto, quello del recente “scandalo a luci rosse” che ha coinvolto alcuni sacerdoti della diocesi di Padova.

Queste le parole del presule che è in continuo contatto con il Vescovo Cipolla: «La Chiesa del Nordest è la nostra Chiesa. Siamo implicati: non sono i vicini della porta accanto con cui non abbiamo nulla da fare». Il Patriarca evidenziando due livelli ha detto: «C’è una sensazione che mi intercetta come credente che è di angoscia, di disappunto, in certi momenti direi anche di rabbia. Dall’altra parte c’è l’atteggiamento del vescovo che, bene o male, si sente responsabile».
«Quindi» ha continuato il Patriarca Moraglia, «un vescovo di fronte a queste situazioni deve fare una vera operazione di chiarezza, di verità, andare a vedere perché si è arrivati a questo punto». E ha precisato: «Ci può essere la caduta del singolo che addolora e ferisce. Per senso di giustizia siamo ancora in una fase di accertamento dei fatti e quindi non possiamo condannare nessuno, però vediamo un profilo che sta avanzando e che ci inquieta e ci preoccupa. Allora un conto è una scivolata di un singolo, un conto è qualcosa di più organizzato: un’isola - speriamo sia una sola - in cui c’è qualcosa che non funziona».
Con chiarezza il Patriarca ha sottolineato: «Qui non c’è da invocare il celibato come causa di questi comportamenti perché questi comportamenti, se sono veri, come immagino che ci sia un fondo di verità, ma attendiamo che le cose si completino, sono atteggiamenti non solo non cristiani ma non umani. Quindi c’è da chiedersi come queste persone abbiano potuto maturare nel tempo stili, comportamenti che, se corrispondono a quello che noi leggiamo sui giornali, sono inquietanti. Sono realmente inquietanti».
Poi il Patriarca Moraglia ha posto una lunga riflessione sul discernimento vocazionale, i seminari, la formazione reale, spirituale, antropolgica dei preti che devono essere persone equilibrate, psicologicamente mature. E ha affermato: «Chi bussa alle porte dei nostri seminari? Il seminario deve essere un periodo di verifica, non di buonismo, un periodo in cui si mettono in evidenza le caratteristiche di una persona che può essere anche un’ottima persona ma non adatta a fare il prete. Molte volte chi crede di essere adatto, forse, è proprio colui che invece dovrebbe essere aiutato a prendere contatto con la realtà». Il problema fondamentale è di discernimento vocazionale. «La responsabilità nel formare i preti è forte: sono uomini di Dio, sono tali se pregano. Sacerdoti si diventa non prima dei 24, 25 anni dopo anni di preparazione. Si impegnano con Dio, con sé, con la comunità ad alcune linee fondamentali», ha spiegato il presule. Subito ha aggiunto: «Questa situazione - parlo di Padova ma potrei parlare, Dio non voglia della mia diocesi o di altre situazioni nel mondo - deve essere oggetto di una verifica, di rimettere al centro l’essenziale. Il prete è la sintesi di mille scelte, di una vera sobrietà. Non possiamo solo predicare la povertà in chiesa magari la povertà della Chiesa e poi le nostre canoniche sono porti franchi rispetto alla povertà, per esempio le nostre macchine. C’è uno stile vero da recuperare, c’è un rapporto con Dio senza il quale il prete diventa un assistente sociale, un uomo di cultura». Così ha concluso il presule: «Non dobbiamo nascondere questi eventi. Il Signore ci chiede un atto di umiltà e un’operazione di verità; le nostre Chiese ne hanno bisogno».
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