Morta a 91 anni, resta in obitorio un anno e mezzo

PADOVA. Per un anno e mezzo è stata conservata in una cella frigorifera dell’obitorio. Tanto ci è voluto perché l’autorità giudiziaria disponesse l’autopsia sul corpo della sfortunata signora defunta, Luigina Cocco, nonostante un esposto firmato dai figli che sollecitavano un’inchiesta sulla sua morte. Richiesta di archiviazione del procedimento da parte del pm di turno e gip (giudice delle indagini preliminari competente a pronunciarsi sull’opposizione a quell’archiviazione) che, dal 2012, è assente dal lavoro per gravi motivi familiari: tutto contribuisce a “seppellire” il caso. Finché dall’obitorio arriva una richiesta: che fare di quel corpo in attesa delle esequie da più di un anno?
Il procedimento viene subito trasferito sul tavolo del nuovo gip Domenica Gambardella che, il 27 giugno scorso, fissa l’udienza per ascoltare le parti, il pm e la famiglia della signora tutelata dagli avvocati Claudio Todesco ed Ernesto De Toni. Poi, il 3 luglio, il giudice scioglie la riserva, respingendo al mittente la richiesta di archiviare la vicenda e ordinando un approfondimento dell’indagine con l’identificazione dei medici, per le cui mani è passata la signora Luigina, e lo svolgimento di un’autopsia affidata a un esperto. Così, inevitabilmente, finiscono nel registro degli indagati sei medici: il primario di Nefrologia 2 Agostino Naso, 64 anni; il dottor Lorenzo Previato, 55 anni, della Clinica Medica 1; l’internista Sabina Zambon, 54; i due medici specializzandi (all’epoca dei fatti) Marco Arboit, 30 anni, e Francesco Simioni, 26 (tutti difesi dall’avvocato Lorenzo Locatelli); oltre al medico di famiglia il dottor Alberto Varotto, 55 anni (difensore l’avvocato Matteo Conz). Atto dovuto l’avviso di garanzia recapitato ai professionisti per l’ipotesi di omicidio colposo: l’accertamento tecnico non ripetibile, disposto dal gip, prevede la possibilità per l’indagato di partecipare all’esame con un proprio consulente. L’obiettivo previsto dal legislatore? Garantire al massimo chi è sotto inchiesta. I primi cinque hanno nominato come consulente di fiducia il dottor Paolo Moreni; il medico di base, invece, la dottoressa Anna Aprile, mentre la famiglia della paziente ha incaricato il dottor Giovanni Ciraso e il collega Antonello Cirnelli.
È il 4 marzo 2012 quando Luigina Cocco muore. Secondo il referto il decesso sarebbe stato causato da complicanze provocate da un’insufficienza renale, diagnosi che non convince i figli. Certo, a 91 anni, tutto può succedere. Ma, secondo i familiari, è stata inaccettabile la dolorosa fine della mamma che, in seguito a una terapia idratante, si era gonfiata come un pallone al punto da ingrassare di ben 20 chili e di trasudare acqua. E il segno tangibile di tutto ciò? Una piccola pozzanghera che si sarebbe formata sotto il suo letto d’ospedale. Almeno secondo quanto risulta dall’esposto. Quel decesso fu causato da complicazioni ininevitabili in una persona anziana? Oppure la scienza medica avrebbe potuto fare di più e meglio? La risposta non potrà che arrivare dalla consulenza medico legale affidata dalla procura al dottor Dario Raniero dell’Istituto di Medicina legale di Verona. Solo martedì scorso è stata eseguita l’autopsia sul corpo della signora morta, appunto, il 4 marzo 2012, un anno e mezzo fa. E finita sul tavolo autoptico il 24 settembre 2013.
Il 21 gennaio 2012 Luigina Cocco arrivò nel Pronto soccorso della Clinica medica 1 con il bacino fratturato e una trombosi venosa. Per alcuni giorni venne ricoverata, poi il ritorno a casa. Non si era rimessa, tutt’altro. A febbraio nuovo ricovero per una paresi all’arto superiore sinistro con sospetta ischemia. Un ’insufficienza renale è destinata a complicare la situazione: da qui la decisione di una terapia di idratazione. Che si è rivelata inutile per evitare la morte della paziente. L’odissea della signora Luigina non è ancora finita: il nullaosta per la sepoltura potrebbe non essere dato prima del completamento degli accertamenti medico-legali. Tempo richiesto: 60 giorni.
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