Morto dopo la caduta dal balcone, lutto nel mondo della scuola: «Perdita ingiusta»

Le reazioni alla tragedia di Corfù che è costata la vita ad Alessandro Bandarin Troi, studente padovano di 17 anni. Il direttore dell’Ufficio scolastico provinciale Natale: «La scuola conserverà la memoria di questo figlio». I compagni di classe in vacanza torneranno per l’ultimo saluto

Silvia Bergamin, Felice Paduano
Alessandro Bandarin Troi
Alessandro Bandarin Troi

«La perdita di Alessandro, ingiusta e incomprensibile, ci sconvolge». Le parole di Roberto Natale, direttore dell’Ufficio scolastico territoriale di Padova e Rovigo, arrivano come un sussurro tra le lacrime, ma sono anche un grido condiviso da un’intera comunità scolastica che non riesce a darsi pace. Perché quando un ragazzo di diciassette anni muore, nulla ha più senso.

Quel ragazzo si chiamava Alessandro Bandarin Troi, volto conosciuto, amato, stimato, uno studente del liceo classico Tito Livio. Alessandro è morto giovedì dopo sette giorni di agonia. Era partito per una vacanza con gli amici a Corfù, una manciata di giorni lontano da casa per assaporare la libertà, l’estate, la vita. Ma la vita, a volte, sa essere crudele senza motivo.

La sera del 10 luglio, mentre si trovava in un appartamento al secondo piano di un residence, Alessandro è precipitato nel vuoto. Un movimento banale, un equilibrio perso all’improvviso, un gioco di ragazzi che si è trasformato in una tragedia devastante. Il volo, l’impatto con un muretto in cemento, il trauma cranico gravissimo. I soccorsi sono stati rapidi, gli amici sotto shock hanno fatto il possibile. Ma Alessandro non ha più riaperto gli occhi. Il giorno dopo, i suoi genitori, Emiliano e Silvia, erano già con lui in ospedale, accanto al suo letto in Grecia.

Hanno lottato con lui, hanno tentato di riportarlo a casa, nonostante mille ostacoli burocratici e clinici. Dopo cinque giorni, il trasferimento in Italia è diventato realtà: un volo sanitario fino a Milano e poi l’arrivo all’Azienda Ospedaliera di Padova. Ma le condizioni erano disperate. Il trauma al tronco encefalico, la parte del cervello che regola le funzioni vitali, era irreversibile. Poche ore dopo il ricovero, la morte cerebrale è stata dichiarata.

«È una perdita che sconvolge la comunità scolastica», prosegue Natale, «e che, come per le altre giovani vite spezzate, appare profondamente ingiusta e incomprensibile». Alessandro era il tipo di ragazzo che si faceva voler bene senza fare rumore: brillante, ironico, sincero. Aveva costruito legami forti con i compagni, con i professori, con tutti. Il preside, Luca Piccolo, ha trovato parole che non consolano ma abbracciano: «Abbiamo sperato, pregato, atteso. Ora è tra le braccia di Dio. E noi, qui, cerchiamo un respiro per andare avanti». Poi ha invitato la scuola al silenzio condiviso: «È tempo di lacrime e di abbracci. Di tenersi stretti. Le parole spesso non servono: il dolore si comprende meglio nel silenzio».

Ma qualcosa, di Alessandro, si ostina a restare. Nella voce rotta di chi lo conosceva bene, nei ricordi della sua passione per il canottaggio. Aveva frequentato per anni la Canottieri Padova, con la stessa tenacia con cui affrontava ogni sfida. Era timido, non si metteva mai in mostra. Ma dove non arrivava con il fisico, arrivava con il coraggio, con una determinazione che lasciava senza parole. I compagni di voga lo ricordano con orgoglio: sempre presente, silenzioso ma forte, capace di infondere fiducia anche nei momenti più duri.

«La scuola conserverà viva la memoria di questo suo figlio», conclude Natale, «e si stringe in questo momento difficile attorno al dolore dei suoi cari». E non solo la scuola. Padova intera si stringe. Lo fanno gli amici, che ora ascoltano musica per riempire un vuoto che non si può spiegare. Lo fanno i social, con immagini e dediche che sanno di eterno.

Su Instagram, qualcuno ha scritto: «Rimarrai per sempre nel mio cuore, ciao Sbu», scegliendo come colonna sonora “Per sempre” di Tony Boy, un brano che parla proprio di assenze improvvise e del disperato bisogno di sentirsi ancora insieme. «Faccio un passo alla volta, non so dove arriveremo… Dici che sei con me, non sento più il pericolo». Intanto, le autorità greche proseguono gli accertamenti. Le testimonianze raccolte dai ragazzi, le analisi cliniche, tutto converge in una direzione: nessun eccesso, nessuna irresponsabilità. Solo una tragica fatalità. 

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