Morto per separare due cani. Senza giustizia dopo 16 anni

Nel 2003 a Montegrotto Terme un 60 enne cadde e morì dopo l’aggressione all’husky e alla consorte. Ora la Cassazione ha stabilito che l’animale più piccolo non era stato custodito
Paolo Donato Montegrotto Paolo Donato Montegrotto BARON
Paolo Donato Montegrotto Paolo Donato Montegrotto BARON



Come tante altre serate estive il 2 luglio 2003 Lidia Zulian e Paolo Donato, moglie e marito, stavano passeggiando lungo via Fratelli Bandiera, al guinzaglio il loro cane Taro, un siberian husky di tre anni. La coppia incrocia Giulietta Zanettin, che è in bicicletta seguita dal suo volpino libero e senza museruola: è appena uscita dalla porta laterale del vicino hotel Delle Nazioni, di cui è titolare. All’improvviso il cagnolino si avventa contro l’husky e poi cerca di mordere alla caviglia la signora Lidia. Il coniuge, un pensionato 60enne, tenta di mettere subito fine a quella zuffa canina, tirando indietro il proprio cane e allontanando l’altro. È un attimo: strattonato dal suo animale, scivola, batte la testa sull’asfalto e finisce in coma. Due giorni d’agonia, poi la morte il 4 luglio. Risarcimento negato ai familiari sia dal giudice civile di Padova che dalla Corte d’appello di Venezia. Il motivo? La caduta non era collegata all’attacco di quel cagnolino.

A sedici anni di distanza, la Corte di Cassazione terza sezione civile ha annullato le due precedenti pronunce: tutto da rifare. La caduta era conseguente all’aggressione del volpino. A presentare ricorso contro le due pronunce, la Zanettin e la compagnia di assicurazione Zurich Public, sono stati la vedova, i figli e i fratelli della vittima.

Ricorso fondato. Per i giudici è chiaro: Paolo Donato era finito a terra in seguito allo strattonamento dell’husky, un evento che non è da considerare autonomo, bensì causato dal comportamento del volpino che prima ha attaccato il cane più grande poi ha cercato di mordere alla caviglia la sua padrona, Lidia Zulian. Solo a quel punto l’husky, per difenderla, aveva reagito strattonando il marito che lo teneva al guinzaglio.

La motivazione: «Il comportamento della vittima e del suo cane sono stati determinati dai comportamenti del meticcio...» si legge nella sentenza della Suprema Corte. Da qui «l’impossibilità di escludere il nesso di causalità con detti comportamenti è manifesta». Il risultato? «La caduta del Donato per lo scivolamento conseguente allo strattonamento erroneamente non è stata considerata “dipendente” dal secondo comportamento del meticcio (ed a monte anche del primo. . .) ». La Corte ha sottolineato che il cane della Zanettin «avrebbe dovuto essere tenuto al guinzaglio». E ha osservato che la padrona del volpino «non ha custodito il cane come le norme regolamentari impongono» rammentando il Regolamento comunale di polizia rurale secondo il quale i cani portati a passeggio in luoghi pubblici e frequentati devono essere tenuti al guinzaglio. Ora il caso torna ai giudici dell’appello di Venezia che, nel decidere sul risarcimento, dovranno tener conto della lettura della Cassazione. Insomma ciò che conta è che il risarcimento è dovuto.
 

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