Musica e fiori per il rapinatore ucciso nell'assalto armato di Vicenza

Addio blindato al nomade Albano Cassol: ad Altivole 400 parenti e amici. Attimi di tensione, il parroco: «Dio accoglie tutti»
Il funerale di Albano Cassol
Il funerale di Albano Cassol

ALTIVOLE. Digos, carabinieri e polizia per i funerali del nomade, Albano Cassol, il bandito di 41 anni morto durante una rapina in provincia di Vicenza. Oltre 400 persone, tra amici e parenti arrivati da tutto il Veneto, ieri pomeriggio hanno partecipato al rito funebre. Alla cerimonia, blindatissima, celebrata da don Luciano Marchioretto nella chiesa di Altivole, nel Trevigiano, hanno potuto assistere solamente i parenti. Momenti di tensione tra i familiari e i tanti giornalisti arrivati sul posto ieri pomeriggio. La funzione religiosa è durata appena mezz’ora e all’uscita il feretro è stato “scortato” dagli amici fino al vicino cimitero. L’intero paese si è trovato paralizzato dai funerali di Cassol tanto che è stato necessario, per la viabilità, l’intervento della polizia municipale e della protezione civile.

«Abbiate fede in Dio», ha detto il parroco durante l’omelia che ha fatto solo riferimento ad un brano del Vangelo. Tantissime corone, circa una quarantina, già dalle 13 di ieri sono state posizionate fuori dalla chiesa ad attendere il feretro. In mezzo ad ogni corona una foto del quarantunenne. E poi ancora fiori, altre foto, ritratti del nomade e un cuscino di rose rosse sulla bara del quarantunenne. Inaccessibile per la stampa il piazzale della chiesa. Una misura necessaria e cautelativa secondo le forze dell’ordine disseminate in tutta l’area della chiesa fino al cimitero, dopo le tensioni sollevate nei giorni scorsi dall’opinione pubblica. Era il 3 febbraio scorso quando Cassol, durante una rapina in una gioielleria di Ponte di Nanto in provincia di Vicenza, è rimasto ucciso nel conflitto a fuoco con un benzinaio. Il quarantunenne si era trasferito in paese all’età di 13 anni assieme alla mamma morta qualche anno fa, al fratello e una sorella in una casa di via Pasubio. Nel 2001, dopo il matrimonio, si era spostato a Fontanelle, il paese di origine della moglie. «Non sia turbato il vostro cuore», ha continuato il parroco dall’altare, «il Signore accoglie tutti nella sua casa».

Non sono mancati i momenti di tensione tra i parenti e i giornalisti presenti fuori dalla chiesa ieri pomeriggio. «Vogliamo rispetto per questa morte», ha detto in lacrime un cugino che assieme ad altri parenti e amici, si è scontrato con i giornalisti. Anche un nipote, detenuto nel carcere di Padova, non è potuto mancare per l’ultimo saluto allo zio. E ieri dal penitenziario è stato scortato, dagli agenti, fino alla fine della funzione religiosa. Come nella tradizione sinti, all’uscita dalla chiesa il feretro del quarantunenne è stato accompagnato da una lunghissima processione dei familiari, oltre che da alcune canzoni, trasmesse dall’altoparlante dell’auto degli amici. E poi, ancora, petali di rose slegati dalle corone di fiori sorrette dai parenti hanno salutato per l’ultima volta Albano Cassol.

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