Nasce il campus Kidane, un villaggio dell’accoglienza

PADOVA. «Da un luogo abbandonato, trascurato, desolante può ripartire una storia. È un cammino di rinascita, di ascolto e di attenzione, di cura al particolare. Così una terra abbandonata riprende forma e vita e inizia ad essere abitata», si legge nella pagina dedicata sul web. Dedicata al nuovo villaggio dell’accoglienza “Kidane” (che in etiope sta per “allenza”), messo in piedi ad Altichiero dalla cooperativa Percorso Vita di don Luca Favarin. Un villaggio nato da un casolare abbandonato in mezzo ai campi.
Il tutto, quasi pronto, destinato a diventare luogo di rifugio, accoglienza e nuova vita per minori non accompagnati (15 posti, per bambini italiani o stranieri), semiliberi, mamme sole con bimbi che hanno bisogno di un luogo dove stare. In un prossimo futuro all’interno di Kidane nascerà anche un Ceod per disabili.
Frutteto e coltivazioni Un progetto che più controcorrente è difficile immaginare di questi tempi: una fattoria sociale eco-sostenibile organizzata e omogenea, con le casette di legno e vetro e il corpo centrale nell’ex casolare. Il “Kidane Campus” è in dirittura d’arrivo, il cantiere è già molto avanzato. Un grande sogno che da anni accompagna don Favarin, il primo a portare avanti progetti di accoglienza mirati, anche micro-accoglienza per i migranti e che nel ristorante “Strada Facendo” dà lavoro ai profughi che ospita.
Accoglienza di minori, attività lavorative e formative, spazi di ricezione e ristorazione, fattoria sociale e didattica: «Sono tutti dei micro-cantieri in cui tutti coloro che ne entrano a contatto incrociano un messaggio, uno stile – prosegue la presentazione – È progetto di speranza, oltre ogni difficoltà, oltre ogni barriera. È stringere un patto con il futuro per il bene comune».
Luogo di passaggio L’ex casolare abbandonato è stato ristrutturato con due grandi vetrate, una sul fronte e una sul retro. «È la trasparenza che caratterizza quello che facciamo e indica il passaggio – spiega don Favarin – Perché la comunità è come un corridoio della vita, si entra e si esce. Qui non si rimane». Una sferzata al tanto criticato sistema dell’accoglienza, data da un prete controcorrente mai restìo a “bastonare” persino la comunità cattolica, sia con la recente polemica sul valore del Presepe che con il suo libro “Animali da circo”, dedicato proprio al tema dell’accoglienza. «Quello che noi contestiamo è anche l’assistenzialismo che lascia i poveri e i migranti inchiodati alla loro situazione – spiega – L’alleanza che chiediamo con la parola etiope “Kidane” a tutti coloro che entreranno in questa comunità è quella di portare avanti un percorso che termina con l’inserimento lavorativo, l’integrazione e la cittadinanza».
Ma Kidane sarà anche (e soprattutto) un luogo aperto: dalla vendita dei prodotti lì coltivati, alla produzione di marmellate, fino a un piccolo ristorante. «Vogliamo che la cittadinanza entri in contatto con le storie che ospitiamo. E per farlo puntiamo sulla qualità del servizio – afferma don Favarin – Ma vogliamo aprire anche un centro estivo per bambini e ragazzi». È la “presunzione” (tra molte virgolette) di una buona accoglienza: «Contro le derive, sia quella di un ambiente sempre più razzista che quella del mero assistenzialismo». Un percorso stretto, molto stretto. Quasi come la cruna di un ago. —
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