Non imparare dalla storia ci condanna a ripetere gli errori

La conoscenza non sempre insegna, l’esperienza non la utilizziamo per prevenire, cambiare, modificare gli eventi collettivi o individuali, nemmeno la splendida teoria di Giambattista Vico sui ricorsi storici ci è stata utile in questo secolo, che incredibilmente si sta ripetendo anche se con fenomeni apparentemente diversi. Non riusciamo a imparare dalla storia, non riusciamo nei fenomeni sociali a occupare uno spazio mentale adeguato per guardare con determinazione alle similitudini di eventi che la nostra memoria sembra non solo a non riuscire a elaborare, ma nemmeno ad analizzare. La storia è un lungo processo di eventi che lasciano tracce, indizi, possibilità interpretative, strumenti di analisi, decodificazione e classificazione. Amiamo la storia ma non la riconosciamo, non applichiamo le esperienze per produrre cambiamenti profondi nel modo di procedere dell’uomo sui grandi eventi, cosa che consentirebbe la prevenzione e poi l’assoluzione.
Nella vita privata, nel mondo soggettivo, è un comportamento ancora più evidente, si può chiamare “ritorno del rimosso”. Rimozione e sublimazione sono alcuni dei meccanismi di difesa di cui la nostra mente dispone. In realtà sul ritorno del rimosso, c’è una lunga e copiosa letteratura dei nostri eventi interni e comportamentali. Non impariamo da ciò che viviamo e tanto meno dall’esperienza? Spesso è così e questo avviene soprattutto quando la nostra mente costruisce pensieri senza soluzioni, ma carichi di sensi di colpa, paura del giudizio e dell’abbandono. Addirittura dimentichiamo tutto ciò che non ci consente il controllo di noi stessi, tutto ciò che ci impedisce di proteggere identità e capacità reattive. Viviamo la realtà interpretandola come minaccia vagante, indecifrabile.
Riparliamo di conflitti religiosi, civiltà, pensiero, riprendiamo in mano le persecuzioni di razza, genere, culturali, senza pensare che sono passati 60 /70 anni dagli ultimi grandi eventi della storia e dell’umanità sulle macerie della violenza del pregiudizio e del pensiero. Negli amori spesso si è delusi, abbandonati, lasciati, infedeli o traditi. Tendiamo a non voler analizzare la verità sulle inadeguatezze, sulle personalità opposte, caratteriali, diverse, alla base di molte separazioni, tendiamo a continuare a scegliere le stesse situazioni, gli stessi meccanismi. Il ritorno del rimosso, cioè il ritorno di ciò che non abbiamo risolto, è spesso legato alla difficoltà nel voler comprendere le disarmonie o gli errori di una relazione. Tendiamo spesso a riprodurla, inconsciamente a sostituirla, inconsapevoli che per non ripetere il fallimento spesso ci costringiamo ad inspiegabili insoddisfazioni. Nel rapporto dei genitori verso i propri figli, è frequente riscontrare dei comportamenti che sono la ripetizione degli errori, delle involuzioni, delle incomprensioni, vissute nelle nostre stesse famiglie di appartenenza. Tendiamo a non cambiare, ma a modificare mantenendo gli stessi errori. Il mondo non impara, tende a cancellare la propria storia, alterandone i processi possibili di un’evoluzione comportamentale collettiva.
Apparentemente avanziamo nelle tecnologie, sulle libertà e sui diritti (almeno fino a poco tempo fa), sulla conoscenza, sui miglioramenti della nostra qualità di vita, viviamo di più, evolviamo di più, sappiamo di più, ma involviamo nei processi che riguardano la struttura portante dei significati esistenziali. Ritorna ciò che la coscienza rimuove, come un “big bang” eterno, un avvertimento all’umanità, che deve far presto a fare spazio alla storia, la più grande competenza che l’uomo può utilizzare.
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