Orrore in cucina, capretta sgozzata

Una cucina rossa di sangue e la testa dell'animale dentro un bidone: incursioone dei carabinieri di Cittadella in un'abitazione 

TREBASELEGHE. Una cucina rossa di sangue e una capretta sgozzata dentro un bidone: la scena che alcune settimane fa si sono trovati di fronte i carabinieri di Cittadella era quasi da film dell'orrore.

Erano entrati nell'abitazione di Trebaseleghe nella quale vive una famiglia africana originaria del Burkina Faso e dove il povero animale era stato macellato senza alcun tipo di rispetto delle regole sanitarie e igieniche e nemmeno dell'animale stesso. Il capofamiglia, B.Y., 47 anni, è stato denunciato per maltrattamento di animali e rischia una sanzione amministrativa per inosservanza delle regole comunali per la macellazione.

I carabinieri hanno fatto intervenire, infatti, il veterinario dell'Usl 15 Alta Padovana che ha sequestrato la carcassa e ha proceduto con la denuncia, e le guardie zoofile della Lac.

Il povero animale ha resistito in ogni modo, consapevole della fine cui stava per andare incontro: e proprio la scena della capra recalcitrante, che usciva da un furgone e veniva spinta a forza, tra belati strazianti e calci, ha attirato l'attenzione di residenti, passanti e clienti di una vicina pizzeria.

C'è allora chi ha chiamato i carabinieri, i quali, al loro arrivo hanno trovato purtroppo l'animale già morto, sgozzato e in un lago di sangue, infilato dentro un bidone di plastica in attesa di venire scuoiato l'indomani mattina.

Resta un mistero chi abbia venduto la capra all'uomo: stando a quello che lui stesso avrebbe raccontato, mentre stava facendo la spesa in un supermercato era stato avvicinato da uno sconosciuto che si era spacciato come allevatore della zona e che gli aveva proposto l'acquisto di un capretto di due anni, così da risparmiare sul prezzo della carne.

Sarebbe stato lui a portargli la capra fino a casa, senza però rilasciargli alcuna documentazione di trasporto né di provenienza dell'animale (risultato fra l’altro privo di chip), che avrebbe potuto essere anche malato. Il burkinabé si è difeso asserendo che nel suo Paese è normale macellare in casa un animale e non sapeva che in Italia fosse vietato.

 

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