Ospedale S. Antonio di Padova, “dote” da 55 milioni per l’Azienda ospedaliera. Incognita costi per l’Usl 6

Il piano di cessione dell'ospedale che entro pochi mesi passerà all'Azienda ospedaliera Università di Padova
Una corsia dell'Ospedale Molinette, Torino, 23 novembre 2018.ANìì ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Una corsia dell'Ospedale Molinette, Torino, 23 novembre 2018.ANìì ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

PADOVA. Il pesce grosso mangia il pesce piccolo, non è una novità. Il boccone si chiama ospedale Sant’Antonio che con i suoi 55 milioni di euro di valore della produzione (i dati sono riferiti al bilancio 2018) entro pochi mesi finirà nella capiente pancia dell’Azienda ospedaliera Università di Padova, che nel 2018 ha registrato un valore della produzione dieci volte tanto quello dell’ospedale di via Facciolati, quasi 550 milioni di euro. E nel previsionale 2019 punta a superare i 600.

Non si tratta, per ora almeno, di cancellare l’ospedale che l’Usl Euganea si appresta, su “ordine” della Regione”, a cedere all’Azienda. Il Sant’Antonio, in quanto tale, vedrà compiersi il suo destino quando sarà ultimato il nuovo Polo della Salute, tra Padova Est e Giustinianeo. Se ne riparla fra una decina d’anni. Intanto, però, le incognite sul prossimo futuro, nonostante le rassicurazioni, non mancano.

Passaggio indolore. Il Piano di attuazione della cessione, da formalizzare entro il 31 dicembre di quest’anno, con un anno di anticipo rispetto all’iniziale programma dettato dalla Regione, dopo l’approvazione dei direttori generali Luciano Flor e Domenico Scibetta, è ora sulle scrivanie veneziane. Tecnicamente per l’Usl si tratta della cessione di un ramo d’azienda.

Sul fronte dei contenuti, le garanzie riassunte nel Piano partono da quelle per i dipendenti: «Il trasferimento dei rapporti di lavoro avverrà facendo salvi i diritti dei lavoratori». Continuità sul fronte dei servizi: «Non si verificherà alcuna discontinuità nell’erogazione di servizi e prestazioni» si legge ancora, «il passaggio delle attività dell’ospedale non comporterà alcuna riduzione dei servizi erogati all’utenza, sarà pertanto garantito il livello attuale di risposta alla domanda di prestazioni».

La partita economica. Il passaggio della “produzione” dell’ospedale Sant’Antonio dall’Usl Euganea all’Azienda universitaria comporta implicazioni gestionali rilevanti, rispetto alla possibilità di gestire direttamente la tipologia di offerta e i volumi di prestazioni.

Da qui l’opportunità, prevista nel Piano, di applicare nei rapporti fra le due aziende un sistema di “budgetizzazione” delle prestazioni, sul modello di quanto già si fa con le strutture private convenzionate. Si stabilisce una cifra annua che l’Usl dovrà versare all’Azienda per tutte le prestazioni che quest’ultima garantirà ai suoi cittadini. Ma quanto sarà il budget? Non si sa.

E qui nascono i dubbi: «Le prestazioni dell’Azienda universitaria» rileva il consigliere regionale del Partito democratico Claudio Sinigaglia, «costano di più rispetto all’Usl perché c’è un ricarico - oltre il 10% - per la ricerca e la didattica. È il motivo per cui l’Usl cerca di ridurre già oggi il numero di prestazioni in Azienda, raccomandando i suoi medici di “trattenere” i pazienti. Quando il Sant’Antonio sarà dell’Azienda, tutte le prestazioni erogate dovranno essere pagate dall’Usl, con il rischio concreto che costeranno molto più». E siccome i soldi che girano sempre quelli rimangono, ciò potrebbe comportare una contrazione di risorse a scapito degli altri ospedali e servizi dell’Usl, nell’intera provincia di Padova.

La vocazione . Se dal punto di vista “economico” il Sant’Antonio può rappresentare un boccone ghiotto per l’Azienda, altrettanto non sembra per la sua vocazione: oggi dei 9 mila e rotti ricoveri, 6 mila sono di pazienti con più di 65 anni, oltre il 66%, e di questi oltre 4 mila superano i 75. «Già oggi l’Azienda universitaria dedica all’alta e altissima specializzazione il 20% dell’attività e l’80% alla bassa e media specializzazione» rileva Sinigaglia, «un rapporto che andrebbe invertito data la sua vocazione. Inglobando l’attività del Sant’Antonio - per natura di bassa e media specializzazione - il gap è destinato ad aumentare». —
 

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