Padova a luci rosse, un altro prete: «Ho fatto sesso anch’io»

Un parroco ha ammesso rapporti con l’amante di don Contin davanti al collega che in vacanza si spacciava per avvocato

PADOVA. Costretta ad aver rapporti sessuali con un altro prete, il parroco alla guida di una comunità in un paese dei Colli Euganei.

E sempre davanti a lui, don Andrea Contin, l’ex parroco di San Lazzaro, quartiere della periferia est cittadina, indagato per violenza privata e favoreggiamento della prostituzione. “L’altro parroco”, partner occasionale dell’amante 49enne di don Andrea, ha ammesso tutto davanti al pubblico ministero padovano Roberto Piccione: «È vero...».

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L’interrogatorio è avvenuto nel pomeriggio di venerdì scorso, al riparo da occhi indiscreti al quarto piano del Palazzo di giustizia. Il sacerdote, tra i 40 e i 50 anni, tuttora al suo posto, è stato sentito soltanto come persona informata sui fatti, un semplice testimone: nei suoi confronti nessuna ipotesi di reato.

L’altro parroco. Il suo nome (e cognome) era contenuto nella denuncia di otto pagine firmata dalla donna, impiegata in un ufficio pubblico, sposata con un figlio, volontaria nella parrocchia di San Lazzaro e anche in altre associazioni, oggi fortemente provata e sofferente. Riferendosi alle abitudini di don Andrea, la signora aveva raccontato che il prete la accompagnava dal collega per avere rapporti sessuali di vario tipo. E lui? Guardava. E se lei osava rifiutare?

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La 49enne è stata chiara: don Andrea non chiedeva, ma ordinava. E se non obbediva alle sue precise richieste, erano botte. Botte pesanti. Botte che facevano male e lasciavano il segno: allegate alla denuncia presentata lo scorso 6 dicembre oltre a due certificati medici del Pronto soccorso, pure una serie di fotografie della 49enne con ecchimosi e contusioni che risulterebbero impressionanti. Peraltro il figlio della signora, che vedeva girare per casa il sacerdote, avrebbe visto la madre tornare a casa pestata più volte. Una signora che, all’inizio di quel legame, s’era innamorata davvero del parroco. Prima per amore, poi per paura: dall’inizio della storia, decollata nell’estate del 2011, con il trascorrere dei mesi la sua sottomissione era diventata totale.

«Facevo tutto quello che voleva... mi ordinava con violenza quello che dovevo fare ogni volta e io, per paura di essere picchiata, lo facevo» è lo sfogo contenuto sempre nella dettagliata denuncia trasmessa in procura. Insomma lei si era trasformata in un “giocattolo” in mano a don Andrea, almeno stando a quel drammatico racconto. Ecco perché aveva accettato quell’ennesima umiliazione, o almeno non s’era ribellata: avere rapporti sessuali con il parroco amico e collega di don Andrea. I carabinieri guidati dal maresciallo Alberto Di Cunzolo stanno accertando l’eventuale coinvolgimento di altri sacerdoti, benché al momento sia confermato solo il nominativo del parroco che vive nel Comune fra i Colli.

Le cene e i viaggi eleganti. Don Andrea Contin amava pure la bella vita. E pranzi e cene in ristoranti di lusso. Sempre accompagnato dall’amante preferita, la 49enne, era un frequentatore del ristorante Ca’ Masieri a Trissino nel Vicentino, relais (anche con camere) di lusso e prezzi adeguati, molto romantico con vista su colli e piscina: cliente abituale, qui era noto come “l’avvocato”, naturalmente perché si era presentato in tale veste. Tuttavia si regalava pure qualche soggiorno a Villa dei Cedri, complesso alberghiero con parco termale (4 stelle) a Colà di Lazise, sponda veronese del Garda, con ottimo ristorante. In un’occasione avrebbe detto all’amante: «Questa cena per metà l’hai pagata tu». Un riferimento ai “servigi” sessuali che avrebbero fruttato soldi all’ex parroco? Sul punto stanno indagando gli investigatori coordinati dal pm Piccione.

La Curia. Intanto il Tribunale Ecclesiastico della Diocesi rende noto di aver trasmesso ai carabinieri – dopo aver ottenuto l’autorizzazione delle interessate – gli esposti trasmessi in Curia nel maggio scorso dalle due donne che hanno avuto una relazione con don Andrea, la 49enne e una 51enne parrocchiana. Quest’ultima aveva confermato il racconto della “collega” (ma le due non si conoscono) prima della perquisizione in canonica che ha portato alla scoperta della cosiddetta stanza dei giochi, un vero e proprio set da film a luci rosse.

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