Padova: arriva una rivoluzione per le case Ater. Affitti aumentati in media di 50 euro

PADOVA. Il mondo Ater si avvicina ad una piccola rivoluzione che, nel Padovano, coinvolgerà 9 mila unità abitative, tanti sono gli appartamenti popolari tra Padova e provincia. Da lunedì primo luglio infatti entrano in vigore i nuovi canoni per gli inquilini di edilizia residenziale pubblica. Fra i grandi cambiamenti il nuovo meccanismo adegua il canone all’effettiva capacità patrimoniale della famiglia: si pagherà in base all’Isee presentato. Che tradotto in fatti significa un aumento medio di 50 euro mensili per familgia e un addio definitivo ad affitti minimi (di 9, 12, 20 euro al mese) perché il canone minimo di affitto sarà di 40 euro.
Aumenti di 50 euro
«Dai nostri conteggi», spiega Gianluca Zaramella, presidente Ater, «risulta che il 25% dei 9 mila inquilini pagherà meno di quanto paga oggi; mentre il 75% si troverà un canone di affitto più alto in base alla capacità patrimoniale delle famiglie. In media gli aumenti saranno di 50 euro al mese, ma questa è solo una proiezione, dunque potrebbe essere suscettibile di alcune modifiche».

L’Ater ha inviato ai propri inquilini comunicazione sull’entrata in vigore dei nuovi contratti di locazione previsti dalla legge regionale di riforma dell’edilizia pubblica (legge 39 del 2017). L’importo dei nuovi canoni è parametrato al reddito e alla situazione patrimoniale. Come detto l’affitto minimo partirà da 40 euro fino ad un massimo di valore di mercato in base alle quotazioni Omi (Osservatorio mobiliare italiano) dell’Agenzia delle entrate.
Le novità
Due le novità previste dalla normativa: gli assegnatari di casa popolare devono documentare la propria situazione reddituale e patrimoniale dimostrando di avere un Isee-Erp non superiore ai 20 mila euro e di non avere altri alloggi in usufrutto o proprietà; inoltre i contratti di affitto diventano di durata quinquennale, rinnovabile, e l’importo del canone è parametrato di anno in anno alla capacità economica dell’inquilino.
«Conclusa la prima fase di ricognizione sulle assegnazioni e di verifica delle situazioni reddituali e patrimoniali», riferisce ancora Zaramella, «ora tanto noi enti regionali quanto i Comuni dobbiamo applicare la riforma aggiornando i contratti. L’obiettivo è riuscire a garantire un alloggio a condizioni di favore a chi più ha bisogno, accompagnando gli inquilini con maggiori possibilità economiche a rivolgersi al libero mercato. L’applicazione delle novità sarà comunque graduale: daremo ulteriori 24 mesi di tempo agli inquilini che ancora non hanno presentato la dichiarazione Isee per mettersi in regola o, nel caso di mancanza dei requisiti, per trovare un nuovo alloggio. Dunque dal primo luglio nessuno sarà mandato fuori casa. Chi non ha una posizione ancora chiara (e sono una minoranza) deve mettersi in regola. Ma quello che dev’essere chiaro è che questa riforma è di tutela: chi ha grandi patrimoni non può pretendere di abitare in alloggi Erp. Il nostro approccio è costruttivo perché non vogliamo provocare traumi verso gli utenti, ma allo stesso tempo dobbiamo garantire i più fragili».
Anche se la preoccupazione di molti è proprio che le persone più fragili (che non riescono a pagare nemmeno un canone molto basso) siano tagliate fuori dalla residenza pubblica.
«Per i casi di fragilità sociale», assicura l’Ater, « e in particolare per i nuclei dove sono presenti disabili e anziani in età avanzata, l’Azienda è impegnata a valutare e ad adottare le soluzioni di maggiore tutela per l’inquilino».
In questi due anni le famiglie devono mettersi in regola e intanto pagheranno il canone maggiorato del 10 per cento. La Regione da parte sua ha istituito un tavolo tecnico di monitoraggio con enti e comuni.
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