Nelle scuole padovane scarseggia il personale: mancano ottanta docenti e bidelli

Con l’effetto carovita sull’istruzione, la professione è meno appetibile. Diversi presidi stanno cercando di reperire insegnanti dalle graduatorie di istituto: «I concorsi da soli non bastano, serve un doppio canale di reclutamento»

Felice Paduano
Nel padovano carenza di personale scolastico, pesa il carovita
Nel padovano carenza di personale scolastico, pesa il carovita

Dopo oltre due settimane dal giorno della prima campanella che ha dato il via all’anno scolastico, nelle scuole di Padova e provincia mancano ancora trentacinque docenti e quarantacinque bidelli.

L’Ufficio scolastico provinciale, guidato dal dirigente Roberto Natale, è arrivato già al quinto turno del conferimento degli incarichi a tempo determinato – chiamato anche Bollettino n.5 – sulla base delle graduatorie ad esaurimento e delle graduatorie provinciali, ma la ricerca degli insegnanti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) che mancano continua a essere un terno al lotto perché, da qualche anno a questa parte, fare il docente o ancora di più il collaboratore non è attrattivo come prima. Specialmente dal punto di vista economico.

Il punto

Tanti presidi stanno cercando di reperire i docenti che mancano direttamente dalle graduatorie d’istituto, ma anche tale procedura di assunzione sta dando scarsi risultati. In base agli interpelli pubblicati sul sito dell’Ufficio scolastico provinciale, attualmente, mancano docenti negli istituti superiori Valle, Ruzza, Severi, negli istituti comprensivi Ardigò, Briosco, Donatello e Volta a Padova, in quelli di Correzzola, Vigonza, Tombolo-Galliera, Piombino Dese, Borgoricco, Legnaro-Borgoricco e in molti altri.

Il carovita

La pesante carenza di docenti e di bidelli, naturalmente, sta causando disagi sia agli studenti che alle famiglie visto che in numerose scuole non è ancora entrato in vigore l’orario definitivo.

«Questo succede perché tanti aspiranti docenti e collaboratori, che sino a pochi anni fa arrivavano dalle regioni meridionali, a causa del carovita in generale al nord ed in particolare dell’aumento degli affitti, preferiscono fare supplenze brevi nei paesi dove ci sono le rispettive famiglie» spiega Carlo Salmaso, coordinatore regionale dei Cobas-Scuola ed ex docente del Severi «per un appartamentino di 50 metri quadri, anche all’Arcella, dove, in genere, gli affitti sono meno cari, le agenzie immobiliari chiedono da 500 a 700 euro, sempre che ci siano case disponibili. Giustamente i giovani non sono più disposti a fare sacrifici e non vogliono più convivere con tre o quattro colleghi che, poi, diventa l’unico modo per alloggiare in una casa».

Per il resto Salmaso fa notare anche un altro errore che il ministero dell’Istruzione e del Merito starebbe facendo da anni. «Tutto questo succede anche perché il Ministero si ostina a reclutare i docenti e il personale tecnico, amministrativo e ausiliario solo con i concorsi. Questo sia per quanto riguarda quelli ordinari che quelli straordinari. Come suggeriscono anche gli altri sindacati del settore, è arrivata l’ora di introdurre il doppio canale di reclutamento» chiarisce «a fianco dei concorsi, infatti, va data la possibilità ai docenti abilitati di conquistarsi il ruolo sul campo dopo avere insegnato per un determinato numero di anni».

A proposito di alloggi per i docenti che prestano servizio lontano da casa c’è da sottolineare l’ultima proposta che il ministro Giuseppe Valditara ha inviato al collega Matteo Salvini, invitandolo a costruire nelle regioni del nord case popolari per i docenti e per il personale Ata, con lo stesso percorso amministrativo che si faceva una volta per i ferrovieri, i poliziotti e i dipendenti pubblici in genere.

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