Padova, è boom di lucciole nelle strade

PADOVA. La disperazione dei profughi, che fuggono da guerre, povertà e disperazione, prende tante strade e per le donne una - drammatica - può essere la prostituzione. L’organizzazione la Mimosa, che da sempre si occupa della tratta di schiave in città, ha rilevato un rapporto direttamente proporzionale tra l’aumento delle donne nigeriane sulle strade della città del Santo e l’arrivo dei barconi del dolore nelle coste della Sicilia.
A Padova nel 2016 la Mimosa ha contato 168 giovani che vendono il proprio corpo, la metà sono dell’Europa dell’Est (con stragrande prevalenza rumene) e l’altra metà nigeriane. Queste ultime, nel corso degli ultimi mesi sono aumentate vertiginosamente, tanto da “occupare” frammenti di marciapiede in zone residenziali: Arcella, Camin, Pontevigodarzere.
Un fenomeno che era sparito da alcuni anni. Le ragazze arrivano sulle coste siciliane con un “contratto”, reso indissolubile da pratiche ricattatorie di “Vudù”, firmato nel paese di origine. A questo punto hanno un debito da riscattare in media di 30-40 mila euro, ma in alcuni casi 70 mila euro. Ogni settimana devono dare una percentuale a una “madama” che non necessariamente risiede nella città dove le ragazze sono costrette a vendersi: queste donne, moderna lettura dei “protettori”, sanno perfettamente che le loro vittime pagheranno, che il condizionamento e l’assoggettamento psicologico sono dominanti.
«Da gennaio di quest’anno abbiamo incontrato 168 ragazze diverse per un totale di 415 contatti», riferisce Gaia Borgato, coordinatrice di area per la cooperativa sociale Equality e per la Mimosa.
«Per lo più ci preme la riduzione del danno: quindi distribuiamo preservativi (per prevenire malattie sessuali e gravidanze indesiderate) e materiale informativo. Poi le invitiamo a fare le analisi del sangue e offriamo un ristoro con biscotti e the caldo. Infine lasciamo il nostro numero di telefono se avessero bisogno di accompagnamento sanitario e speriamo si instauri una relazione che possa esprimere altre necessità, magari l’uscita dallo sfruttamento».
La Mimosa si era già accorta dell’avvicinamento delle nigeriane in zone abitate, come via Vigonovese, a Camin: «cercano le strade di maggiore passaggio, come via Plebiscito, via Avanzo, via Annibale da Bassano. Di recente alcune stazionano in via Pontevigodarzere e in via Vigonovese. Altre si fermano dietro lo stadio Euganeo e, sporadicamente, in strada Battaglia; ce ne sono anche all’inizio di via Chiesanuova. In via Venezia e via Pescarotto, invece, ci sono “vecchie conoscenze”. A Limena, dietro il cinema, è zona trans».
L’offerta è tale che i prezzi sono “stracciati”: «se le rumene hanno un certo potere contrattuale», spiega Gaia, «perché conoscono meglio la lingua e sono più consapevoli, le nigeriane sono le più indifese, sono ossessionate dal debito che devono pagare e arrivano a chiedere appena 10 euro a rapporto». Intanto, dopo la sollevazione popolare di Pontevigodarzere, anche Camin fa sentire la sua voce: «le prostitute sono a pochi passi dal cimitero di San Gregorio Magno», precisa Nereo Tiso, ex consigliere dem, «e all’incrocio con via della Meccanica. Qui abitano famiglie con ragazzini che d’estate si muovono in bici. Addirittura fino a qualche giorno fa una prostituta si era posizionata tra via Vigonovese e via Asturie, a pochi metri dalle case. Le code di clienti sono una costante dell’imbrunire. Non vogliamo mettere in difficoltà ragazze già provate da storie tristi, ma l’amministrazione pensi a qualcosa di efficace dopo le parole inutili».
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