Padova, il tram compie 10 anni

PADOVA. Era la modernità, era l’ufo, era il salto a braccia aperte in un futuro europeo.
Non sapevamo neppure come chiamarlo, tanto era nuovo, perciò oscillavamo incerti fra metrobus, metrotram, metro di superficie. Alla fine per tutti è diventato semplicemente il tram. Compie dieci anni, proprio oggi. Ha cambiato la città, forse non quanto era lecito attendersi ma abbastanza da poterlo considerare rivoluzionario, per i trasporti e per la qualità della nostra vita.
Era un sabato, quel 24 marzo del 2007 in cui si tagliò il nastro. Era invece un giovedì, come oggi, quel 22 in cui tutti in città aspettavano l’ok della commissione ministeriale alla Sicurezza, ma intanto i biglietti d’invito per il grande party in Prato erano già stampati, scritti e solo da limare i discorsi, pronti i palloncini, compilata la lista degli invitati in un’impazienza generale diffusa. Nessuno aveva voglia di rimandare ancora il battesimo, dopo tante uscite dimostrative - anni di esperimenti e deragliamenti non solo metaforici - e dopo l’inaugurazione-farsa con Berlusconi nel 2004: 50 metri avanti e indietro con il presidente tranviere a sostegno della rielezione di Giustina Destro a palazzo Moroni.

D’altra parte, quindici anni erano già passati da quando il sindaco Paolo Giaretta si era messo in testa di restituire un tram a Padova. Aperta la caccia ai finanziamenti, arrivò Flavio Zanonato - nel suo primo mandato - a scontrarsi con i problemi pratici del progetto: fili, tralicci, rotaie e conseguenti contestazioni ferocissime. Ci rimise la poltrona, nel 1999, a favore della Destro. Che al tram non rinunciò, ma cambiò rotta fino alla gara dalla quale spuntò vincente il modello Translohr, monorotaia, ruote di gomma. Mai sperimentato prima, ma convincente. Nel 2002 via ai cantieri, polvere e proteste, la città spaccata, i primi tratti di rotaia, ciclisti con le ruote all’aria, perfino un comitato di vittime. Si arriva al 2004 con un vagone e un pezzettino agibile e quello spot imbarazzante. La città non perdona, manda a casa Giustina e si riprende Zanonato, dunque anche Ivo Rossi che del tram si fa padre, guidandolo al traguardo del primo tratto - Stazione-Guizza - inaugurato appunto nel 2007, sul palco i tre sindaci protagonisti della vicenda, fair play politico e promesse bipartisan: si arriverà all’Arcella, a Pontevigodarzere e poi dopo anche a Voltabarozzo, allo stadio, all’ospedale di Padova ovest. Applaudono i commercianti, sospira pubblicamente il loro portavoce Fernando Zilio. Esultano anche gli industriali, che però ammoniscono “mai più appalti così”, tanto per dare l’idea della fatica che si era fatta.
La città scopre in fretta cosa vuol dire muoversi con certezza dei tempi e questa è la vera rivoluzione. Come in metrò nelle città più grandi. E nasce una nuova categoria di utilizzatori dei mezzi pubblici: non più solo chi è costretto a prendere il bus perché non ha alternativa, ma chi deliberatamente opta per il tram. È la classe business che compra il biglietto Aps e si sposta da nord a sud della città con disinvoltura, in corsia preferenziale, magari lasciando l’auto nei parcheggi scambiatori, altra novità di quell’anno di grazia.
In quei giorni si respira aria di futuro. Il traffico delle auto beneficia della costruzione di 180 rotatorie, magari non rivoluzionarie come il fagiolo della Stanga di marca bitonciana, ma che abbattono uno dopo l’altro tutti i semafori della tangenziale interna. Le piste ciclabili in pochi mesi si allungano rapidamente, da 70 a 170 chilometri. Tutto cambia in fretta, l’immagine del tram - di quel bellissimo blu, con le stelline della cappella degli Scrovegni sui sedili - occupa la copertina. «Avevamo una grande idea della città e della mobilità», ricorda oggi Ivo Rossi. «Perciò anche il rimpianto è grande quando pensiamo a com’è andata a finire. Come le stagioni della vita di un uomo, anche quelle di una città vanno colte per non tornare indietro. Padova ha sfruttato la sua stagione solo in parte». Nel 2009 arriverà anche il prolungamento del tronco verso l’Arcella. Le proteste, al tempo, sono già sopite, perché il tram unisce, rivitalizza, più semplicemente serve, si dimostra utile. Avere due o tre linee, magari, per viaggiare davvero in libertà, per entrare a pieno titolo nel futuro. Il resto è cronaca: la rinuncia del sindaco Bitonci ai finanziamenti e dunque al Sir 3, tra Voltabarozzo e la Stazione. Mai più tram, si è detto. E qualcuno si è spinto fino al punto di immaginare di chiudere la stagione del trenino blu. Che invece, a dispetto di tutto, dieci anni dopo viaggia sempre pieno, con frequenze da record, puntuale e abbastanza affidabile. Il futuro è diventato routine.
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