Padova. La nuova vita dei frati al Santo deserto: «Come in clausura e non si vede la fine»

PADOVA. C’è una donna che attraversa la navata centrale a passo incerto, più impaurita che incredula. Nella basilica vuota, la sua presenza risulta rimpicciolita. Chi è stato qui, anche solo una volta, per la festa di Sant’Antonio, non può credere che tutto questo spazio possa essere così vuoto.
«Siamo in clausura», dice padre Oliviero Svanera, rettore del santuario. E lo dice con un sorriso, per tirarsi su. «Neppure noi frati siamo abituati a questa dimensione», si affretta ad aggiungere.
Neanche dopo l’incendio
«Ogni tanto entra qualcuno, ma è una cosa sempre più rara», prosegue padre Oliviero. «Abbiamo chiesto a quelli che tra noi conoscono meglio la storia se c’era mai stato un periodo come questo e la risposta è stata no. Dopo l’incendio del santuario nel marzo 1749 c’era stato un breve stop, così anche durante la guerra e qualcuno dice anche ai tempi di Napoleone. Ma le messe si erano sempre celebrate». E mai a porte chiuse, come succede adesso.
Ai piedi del Santo
A volerlo trovare, almeno un motivo di consolazione c’è. «Possiamo dire messa all’Arca del Santo, come non succedeva dagli anni ’80», dice Svanera. «Ed è bello, ci sentiamo vicini a Sant’Antonio. Abbiamo girato i banchi, tanto siamo solo noi. E poi comunque tra di noi teniamo le distanze, anche tre metri fra uno e l’altro».
La vita dei frati
Le nuove regole dettate dall’emergenza coronavirus sono arrivate anche dentro il convento dei frati, dove 54 religiosi condividono spazi e momenti di preghiera e di vita comune. «C’è spazio per tutti», racconta il rettore. «Noi per primi ci troviamo spesso a pensare alle persone che vivono in piccoli appartamenti o in condomini senza cortili. Dev’essere difficile. Noi abbiamo un giardino, ci sono i chiostri, non ci manca l’aria». Però qualche accorgimento è stato preso. Si va al refettorio a gruppi, per evitare assembramenti pericolosi. A messa e negli altri momenti di preghiera ci si siede distanti. E per il resto, ognuno aveva già la sua cella personale con il suo bagno.

Il Santuario vuoto
È stravolta, invece, la vita intorno e dentro la basilica. E non soltanto perché le messe si celebrano a porte chiuse e i devoti al Santo possono seguirle solo su internet o, da qualche giorno, in diretta tv. Sono chiuse tutte le attività commerciali, libreria ed erboristeria, chiuso l’ufficio informazioni - che però funziona al telefono e continua a ricevere richieste di informazioni - e va avanti solo l’attività del Messaggero. Il numero di aprile è quasi chiuso, nelle sue tre edizioni, con i redattori che lavorano da casa. Si spera che anche la distribuzione possa essere regolare. Nulla è più scontato, si naviga a vista nella speranza che le Poste non riducano la loro attività e che la distribuzione sia regolare.
L’anno zero
Pensare ai pellegrinaggi, core business del santuario, in questa fase sembra davvero impossibile. «Per ora tutti quelli previsti sono stati cancellati», ammette Svanera. Non sarebbe stato un periodo di grandi arrivi, questo che è appena trascorso. Ma da aprile di solito iniziano ad arrivare i gruppi numerosi, soprattutto dalla Polonia e dal sud Italia. «Il nostro orizzonte adesso è maggio», dice il rettore. «Sarebbe bello poter tornare a qualcosa che somiglia alla normalità in tempo per la festa del Santo. Il guaio è che l’epidemia ora si sta espandendo all’estero, quindi non sappiamo cosa aspettarci». Oggi sarà il primo dei tredici martedì di avvicinamento alla festa, c’è un percorso di riflessione che si farà on line, come tutto il resto. Come la messa delle sei del pomeriggio. Preghiere affidate alla rete, sospese nel tempo. «Che il Santo ci protegga», dice Svanera. E non solo lui. —
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