Emergenza, le case di riposo senza oss: si apre la frontiera del Sud America
La ricerca di nuovi operatori in Brasile: «Lì corsi ad hoc fin dai licei». Nel Padovano si cercano ancora 300 lavoratori

Esodo di operatori socio sanitari dalle case di riposo del Padovano. Tanto da mettere in crisi il settore, già in sofferenza negli ultimi anni a causa di un basso interesse per la professione.
Il colpo di grazia, però, arriverebbe dai bandi di concorso del settore pubblico, che promettono salari migliori e condizioni di lavoro con più tutele. Tanto che in tutta la Regione il buco ha ormai superato le tremila unità, mentre nella sola città di Padova mancano intorno ai quattrocento operatori, tra le quaranta Rsa attive nel Padovano.
«Un grosso problema è che negli anni non si è riuscito a dare dignità a questo lavoro», sostiene Roberto Volpe, presidente dell’Unione regionale istituti per anziani (Uripa): «Questo si risente oggi soprattutto nel deserto che troviamo nelle scuole di formazione per oss».
La tempesta perfetta
Il primo nodo con quale il settore – specialmente privato – delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) è quello salariale. Perché spesso, benché la situazione dipenda in sostanza da struttura a struttura, il pubblico paga meglio. «Ci si aggira intorno a un aumento di circa duecento euro», spiega Alfredo Sbucafratta, segretario di Funzione pubblica Cgil».
I fattori non si possono ridurre naturalmente alla sola natura economica. È infatti Volpe a spiegare come il settore pubblico – reparti ospedalieri in primis – abbia delle attrattive che vanno oltre agli aumenti salariali. «In alcuni casi gli oss passano al pubblico per il solo fatto che offre posizioni con carichi di lavoro più leggeri. Anche qualora lo stipendio fosse più basso».
Lo stess fisico e psicologico
Una tendenza confermata anche dal segretario della Cgil: «Spesso un oss che lavora nelle case di riposo è esposto a problemi lombo-sacrali proprio a causa delle mansioni richieste di spostamento dei residenti e in generale alla routine fisicamente più impegnativa», evidenzia Sbucafratta.
Un rapporto della Cgil del 2019 parlava di come il 79% degli operatori della sanità denunciassero problemi fisici e psicologici causati dalle condizioni di lavoro. Praticamente quattro su cinque. I problemi principali, oltre ai dolori lombo-sacrali (che affliggono quasi il 20% degli oss), anche alle spalle, cervicali e dorsali.
«Nel caso dovessero insorgere problemi fisici, c’è anche il problema della mancanza di possibilità di riallocazione che invece sono presenti nel pubblico», aggiunge Sbucafratta. «La non idoneità per un oss che lavora nelle Rsa porta spesso all’esito finale di un licenziamento».
La frontiera del nuovo mondo
Problemi fisici, salari più bassi dei “colleghi” del pubblico e scarso prestigio della professione hanno ridosso l’interesse per i corsi di formazione. «Oggi è tanto se gli iscritti sono qualche centinaio», dice Volpe. Peggio ancora i bandi per l’assunzione delle stesse Rsa: «All’ultimo concorso all’Ipab di Bassano per due posti abbiamo ricevuto sei domande».
La soluzione non è semplice, ma si apre ora la frontiera del Sudamerica. «In Paesi come il Brasile ci sono scuole specializzanti che formano per diventare operatori sanitari. Sono dei professionisti in gamba, e grazie a delle convenzioni presto potremo reclutarli anche noi da lì. Com’è già stato fatto in precedenza con gli infermieri».
Quindi conclude: «Il problema è che noi in Italia non abbiamo corsi di formazione scolastica o istituti professionali ad hoc, sui quali invece bisognerebbe investire».
I corsi per oss sono in fatti un altro dei tasti dolenti del settore, visto che possono arrivare a costare fino a 1.800 euro. —
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