A Padova in 15 mila per la Palestina. Il grido dei bimbi di Gaza: «Smettete di ucciderci»
Un lungo corteo interculturale nel pomeriggio di lunedì 22 settembre ha riempito le strade, invocando la fine del genocidio. La testimonianza: «Vedere tante persone insieme mi dà finalmente speranza»

Prima la manifestazione a Marghera di lunedì mattina indetta da USB (Unione sindacale di base) che ha radunato oltre 20mila persone e ha bloccato per ore Porto Marghera. Poi, alle 17 il presidio davanti al Bo seguito dal corteo che è partito da piazza Garibaldi e ha sfilato per le vie della città.
È stato uno sciopero generale per Gaza multi-situato, che ha fatto confluire a Padova oltre 15 mila persone. Palestinesi, comunità studentesca, lavoratori, lavoratrici precarie dell’Università, docenti (127 quelli che hanno scioperato), personale tecnico amministrativo del Bo (219 astenutisi dal lavoro). Tutti e tutte uniti per chiedere lo stop al genocidio in corso a Gaza e la cessazione degli accordi tra l’Università e le aziende israeliane, così come tra queste ultime e il governo italiano.
Il dramma di un popolo
È stato un corteo che ha unito diverse etnie: perché la solidarietà non conosce confini. In piazza numerose e numerosi palestinesi, tra cui molti bambini. «Smettetela di ucciderci», urlano un fratello e una sorella con indosso la bandiera palestinese, prima di far partire il coro “free Palestine” che è riecheggiato sul Liston.
«Ho molta rabbia» esordisce Samà dei giovani palestinesi. «Su di me pesa la morte di centinaia di migliaia di persone, pesa il loro martirio. Oggi sento però anche tanta speranza, perché siamo in tantissime. Questo non basta: continuiamo a lottare per bloccare questo sistema che uccide noi palestinesi così come uccide i lavoratori e tutte le persone». In testa al corteo anche Rouwaida, che da Gaza ha accompagnato un bambino di sei anni rimasto orfano e ricoverato a Padova, diventandone tutrice. A Gaza, ad oggi, hanno perso la vita oltre 18mila bambine e bambini.
La lettera: Università complice
Sotto accusa è innanzitutto l’Università. Il CoRda – il coordinamento delle precarie e dei precari della ricerca del Bo – ha fatto girare una lettera aperta, che ha già raccolto centinaia di firme, in cui viene chiesto esplicitamente che «l’Università cessi ogni accordo con Israele e fermi ogni forma di complicità con il genocidio in corso in Palestina». È diretta alla rettrice Daniela Mapelli.
«Come membri della comunità accademica dell’università di Padova riteniamo insufficiente l’ultima mozione approvata dal senato accademico, che, pur impegnandosi a non rinnovare gli accordi di ricerca e di scambio in essere con università e istituzioni israeliane, non annulla gli accordi già in atto» dicono dal coordinamento, che nella lettera cita diversi dati. Alcuni di questi: «Cinque progetti Horizon attualmente attivi che coinvolgono enti israeliani, tre progetti di collaborazione per progetti congiunti di ricerca sulla base dell’accordo tra Italia e Israele; accordi con aziende italiane attivamente coinvolte nel genocidio, come Leonardo ed Eni». «Il nostro lavoro è piegato agli interessi di mercato: i saperi che produciamo sono in vendita, e con essi il nostro lavoro e la nostra dignità».
Lotta congiunta
I precari e le precarie della ricerca si sono schierati al fianco dei lavoratori riuniti sotto i sindacati di base. «Hanno risposto alla nostra chiamata 85 piazze. Abbiamo bloccato stazioni, strade, porti, perché noi non la vogliamo questa guerra. Per bloccare il genocidio dobbiamo bloccare la logistica delle armi, la logistica dell’economia di guerra» dicono dal microfono i sindacalisti. «Urliamo “abbassate la guerra e alzate i salari”. Siamo al fianco della resistenza palestinese. È una resistenza che ci insegna che dobbiamo bloccare il Paese per ottenere dei risultati: lo abbiamo fatto oggi, lo faremo domani se toccano la Flottilla, e lo continueremo a fare per i prossimi diritti che vogliamo riconquistare».
Al fianco della forza lavoro c’erano anche numerosissime studentesse e studenti. «Solo la mobilitazione e il boicottaggio dal basso possono interrompere la complicità dei nostri governi e isolare Israele. Siamo pronti a bloccare le università se Israele tenterà di fermare la Flotilla», dicono dal Cau, i collettivi autorganizzati universitari. Sulla finestra dell’ufficio dell’assessore Ragona, a Palazzo Moroni, è apparsa una bandiera palestinese in solidarietà allo sciopero.
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