Violenza sulle donne: a Padova raggiunti in sei mesi i casi del 2024
Per mancanza di spazio non sono state accolte quindici segnalazioni. Le referenti dei centri: «C’è bisogno di più posti letto sul territorio»

Ventisei in tutto il 2024, venticinque in poco più di sei mesi, e l’anno è ancora in corso. Sono le segnalazioni – molte delle quali accolte – ricevute dalle case rifugio per donne vittime di violenza del Gruppo Polis. Tre strutture dal civico segreto, a Padova, a cui da settembre se n’è aggiunta una quarta, proprio per non lasciare nessuno alla porta.
«I numeri che raccontano i centri antiviolenza continuano a essere alti», rileva Mariasole Rizzi, referente case rifugio e formazione nelle scuole di Gruppo Polis cooperative sociali, «Per questo c’è bisogno di luoghi di tutela e protezione, di spazi che siano, anche, un’opportunità. C’è bisogno di posti letto, di risposte concrete alle esigenze che il territorio continua a mostrare».
I 24 posti letto
Oggi la rete di strutture che Gruppo Polis gestisce nel Padovano offre 24 posti letto complessivi, utilizzati tanto da donne italiane quanto da straniere. «Tutte le case sono state avviate grazie ai fondi dell’8x1000 dell’Istituto buddista italiano Soka Gakkai» ricorda Rizzi, che aggiunge: «Per mancanza di spazi, nell’ultimo paio d’anni non abbiamo potuto dare seguito a una quindicina di segnalazioni. Questa circostanza ci ha spinto a lavorare per avviare una nuova struttura, abitata non appena è stata agibile».
Quattro case, quattro nomi di donne protagoniste di riscatto: la prima, aperta nel 2011, si chiama Viola come Franca Viola, prima donna in tutto lo Stivale a rifiutare un matrimonio riparatore; Adele, la seconda, ricorda Adele Bei, una delle madri costituenti e nota sindacalista che votò la sua vita per la conquista dei diritti delle donne; Elena, poi, rievoca la Piscopia, prima laureata in Italia, all’Università di Padova; infine Lydia omaggia la scalatrice boliviana Lydia Huayllas.
Quando la giustizia è lenta
Per le donne vittime di violenza, i modi e tempi della giustizia sono un tema più rilevante di quanto si possa immaginare. «Noto, ultimamente, che in molti procedimenti penali di questa fattispecie subentrano facilmente richieste di archiviazione», evidenzia Rizzi. La questione rileva perché i progetti che potenzialmente riguarderebbero queste donne restano sacrificati.
«Se la parte di violenza non è riconosciuta, e la situazione non viene letta con quella specifica lente, le donne non si sentono credute e non si può attivare, per loro, la rete di tutela, né dalla parte dell’uomo autore di violenza, può innescarsi un percorso di presa in carico e gestione adeguata nei Cuav (Centri per uomini autori o potenziali autori di violenza domestica e di genere, ndr)».
Prevenzione a scuola
Parlarne aiuta, parlarne in classe previene, almeno in linea di principio. Con la sua squadra di operatori esperti nel contrasto alla violenza di genere, Gruppo Polis va nelle scuole elementari, medie e superiori.
«Lavoriamo con studenti e docenti: fare sistema è fondamentale», sottolinea Rizzi, che oltre alle case segue la formazione. «Portiamo laboratori di educazione sesso-affettiva, alle differenze di genere e decostruzione di stereotipi di genere – chiarisce – Se vogliamo trattare il fenomeno in modo serio dobbiamo farlo con approccio culturale e pedagogico, a 360 gradi».
Uomini autori di violenza
Il centro per uomini autori di violenza del Gruppo Polis si chiama Sum. La maggior parte di uomini ci arriva dal circuito penale, con la legge Codice rosso, molto più di rado volontariamente. «L’attività di trattamento degli uomini autori di violenza continua ed anzi è sempre più impegnativa», fa sapere Alice Zorzan, responsabile dell’area Contrasto alla violenza di genere nel gruppo Polis.
«Al Sum ora abbiamo attivi quattro gruppi (di cui uno dedicato ai reati sessuali) e due in carcere (uno in reclusione e uno in circondariale). Ogni gruppo va dagli otto ai dodici uomini circa – dice Zorzan – Continua anche la nostra attività con i giovani uomini che hanno compiuto atti di maltrattamento da minorenni e, inoltre, rimaniamo impegnati nelle attività di sensibilizzazione e formazione».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova









