Parkinson, sensori sui pazienti per la mappatura della malattia

Padova Neuroscience Center capofila dell’innovativo progetto europeo Pd-Pal. Finanziamento di 4 milioni di euro per le nuove tecnologie e una rete territoriale
Da sinistra i professori Stefano Masiero, Maurizio Corbetta e Angelo Antonini dell'Università di Padova
Da sinistra i professori Stefano Masiero, Maurizio Corbetta e Angelo Antonini dell'Università di Padova

PADOVA. L’Università di Padova è capofila del progetto europeo Pd-Pal Project (Palliative care in Parkinson’s disease) che ha lo scopo di sviluppare un approccio innovativo nella cura e nella gestione delle persone affette da Parkinson, integrando la tecnologia nella gestione domiciliare del paziente e definendo nuovi standard nei percorsi di cura della malattia. Saranno sperimentati dei sensori in grado di monitorare costantemente i pazienti e di fornire agli specialisti una “mappatura” della malattia e del suo decorso.

I protagonisti Coordinatore del progetto europeo è il professor Angelo Antonini, del Dipartimento di Neurologia dell’Azienda ospedaliera universitaria, e con lui il professor Maurizio Corbetta, direttore del Neuroscience Center e della Clinica Neurologica e il professor Stefano Masiero, direttore dell’Unità di Fisiatria. Le altre Università coinvolte sono il King’s College e l’University College di Londra, l’Università di Nijmegen in Olanda, Ioannina in Gracia e Marburg in Germania, la Società Estone per i disturbi del movimento e l’Università privata Paracelsus di Salisburgo. Il finanziamento ottenuto è di 4 milioni di euro e la sperimentazione durerà tre anni e mezzo.

Il progetto «Stiamo sviluppando terapie innovative per rallentare il decorso della malattia» sottolinea Antonini, «e abbiamo trattamenti che consentono di convivere adeguatamente con i disturbi del Parkinson per decenni. Quando però i sintomi complicano la capacità di muoversi in autonomia, la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari è compromessa dalle difficoltà di comunicazione con i medici e le strutture di riferimento. Ora, però, esistono tecnologie che ci consentono di facilitare l’integrazione fra ospedale e territorio e gestire i percorsi assistenziali individuali». La conseguenza pratica è la riduzione degli accessi in ospedale e la garanzia di una migliore qualità di vita. Il sistema prevede cinque sensori che monitorano il paziente e registrano quanto tempo sta seduto o disteso, quanto cammina e la lunghezza del passo.

La tecnologia «La finalità è di mappare lo sviluppo della malattia sul singolo soggetto» precisa il professor Corbetta, «registrando quindi le fluttuazioni nel tempo che oggi, visitando il paziente ogni sei mesi per pochi minuti, non possiamo conoscere. Questo tipo di tecnologia che in Olanda è già stata sviluppata, ha dimostrato di migliorare la qualità di vita perché migliora le cure personalizzate. È chiaro come sia necessario stringere partnership con industrie del settore e lavorare in team multidisciplinari che oltre a neurologi, psicologi e fisiatri, contemplino fisici e matematici in grado di elaborare i dati». Dopo il Parkinson la sperimentazione sarà estesa a altre patologie neurologiche, come l’Alzheimer.

La riabilitazione «È fondamentale attivare una rete per la riabilitazione sul territorio» rileva il professor Masiero, «riducendo la disabilità, sia cognitiva che motoria. È necessario formare personale e sviluppare tecnologie adeguate. La finalità è la riduzione della perdita funzionale nel tempo, che parte da una presa in carico tempestiva del paziente». Il modello che sta sviluppando Padova con questo progetto potrà essere poi replicato in tutto il Veneto, creando quella Rete Neurologica che oggi ancora non c’è. —
 

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